domenica 25 ottobre 2009

Basta che funzioni


Non so se chi scrive le recensioni per i film lo faccia ancora per passione o se sia solo un impiegato mercenario. Non so neppure se il film, di cui avevo letto bene, sia davvero noioso o se così mi sia parso perché Woody Allen l'ho visto troppo e l'ho amato troppo per apprezzarne questa continua ricapitolazione.
Perché Basta che Funzioni non è un film di Woody Allen, ma un film su Woody Allen. C'è anche un attore che non è lui ma che recita la sua parte, e per la sceneggiatura hanno preso tutte le sceneggiature dei film precedenti, li hanno messi in un tritadocumenti e hanno incollato quello che è venuto fuori. Ci sono le scene dei vecchi film recitate da questo finto Woody Allen, ma proprio le stesse: per esempio quella dove si sveglia urlando di notte perché ha paura di morire è identica a… era Hannah e le sue sorelle?.

Ma forse non è neanche questo: forse è che quell'insopportabile vecchio finto Woody Allen, un mostro di antipatia, non dice solo le cose che diceva Woody Allen vero. Dice anche quelle che dico io, compreso il post che ho già scritto per capodanno e che è in attesa di pubblicazione.
Vuoi dire che mi sto antipatico?


P.S. da vedere assolutamente:
Amore e Guerra (Love and Death) (1975) e anche quelli prima...
Io e Annie (Annie Hall) (1977)
Manhattan (1979)
Zelig (1983)
Broadway Danny Rose (1984)
Hannah e le sue sorelle (Hannah and Her Sisters) (1985)
Harry a pezzi (Deconstructing Harry) (1997)

martedì 20 ottobre 2009

Volevo fare il regista


Da bambino avevo un rito domenicale. Dopo il pranzo di famiglia in campagna (anolini in brodo e cappone ripieno) andavo in città con mio nonno, che portava il mio stesso nome, e si andava al cinema. Non so esattamente perché mio nonno andasse al cinema, probabilmente per il piacere di stare con me, perché appena le luci si spegnevano lui chiudeva gli occhi e si addormentava. Così il film lo sceglievo io, per lui era lo stesso. All’epoca non si entrava al cinema all’inizio del film, si entrava in qualsiasi momento e lo si guardava fino a quello stesso punto. Una frase che sentivi dire nelle poltrone vicino era: “ecco, siamo entrati qua” e poi “permesso, permesso” uscivano. Ma siccome mio nonno dormiva, io non lo svegliavo e ne approfittavo per vederne un extra, una ripetizione in un’epoca in cui l’home cinema non era neppure immaginato.
In questo modo ho visto centinaia di film, forse dagli otto anni ai tredici. A quattordici ho cominciato a frequentare il cinema con gli amici, prima i film con Terence Hill e Bud Spencer, poi Laura Antonelli, Alain Delon e infine Fellini (Amarcord) e Pasolini (Il Fiore delle Mille e una notte) e Stanley Kubrick (Arancia Meccanica).
Avevo deciso che dopo il Liceo sarei andato a Roma alla Scuola di Regia, e sui banchi di scuola scrivevo una sceneggiatura: avevo letto quella dell’ “Uomo che cadde sulla terra” e la scimmiottavo con molto impegno. Franco lo ricorderà perché l’obbligai a sorbirsi il risultato finale (si vendicò con una critica severa...)
Poi mi sono iscritto a Medicina, ma la passione per il cinema non si è spenta.
Andavo a “vedere un film” e non “al cinema” tanto per andare, è diverso (magari con l’eccezione di qualche volta che sono entrato solo per baciare una ragazza) e non sono mai riuscito a restare fino in fondo se un film proprio non mi piaceva: come sanno gli amici, mi sembrava di esprimere al regista il mio dissenso uscendo dopo il primo tempo del suo film.
Con gli amici progettavamo di “rigirare” gli script di Andy Warhol senza aver mai visto gli originali, ma nessuno di noi aveva una cinepresa.
Solo in tempi (relativamente) recenti sono arrivate le telecamere, le telecamere digitali, i Macintosh, i DVD rescrivibili e la possibilità di diventare registi casalinghi, ma ormai l’illusione di poter girare un film vero era venuta meno.
Ho registrato film degli amici e dei miei viaggi, con una cura maniacale che mi prende anche mesi per montare un solo film, ed ora giro i film di e per Carolina.
Perché ve lo racconto? Per far capire che non ho scritto il post “Hollywood” per qualunquismo, ma per troppo amore. Per un cinema che non c’è più.

martedì 13 ottobre 2009

circonvallazioni e tangenziali


Circonvallazioni e tangenziali non sono sinonimi. Le circonvallazioni sono larghi viali, su cui si viaggia a cinquanta chilometri all’ora, circondate da cespugli, alberi forse, e poi piste ciclabili, intervallate da larghe rotonde fiorite. Sto pensando alle belle circonvallazioni che si vedono in Irlanda, in Inghilterra, in Germania, in Francia, qualcuna persino in Italia.
Le tangenziali sono tratti di territorio sequestrati, circondati da guard rail metallici, su cui le macchine corrono a novanta all’ora (ma spesso anche al doppio), che come Attila portano degrado a perdita d’occhio dove passano. Niente biciclette, niente cavalli, niente ciclomotori, niente carretti.
Provate a camminare sotto un viadotto: trovate degrado, sporcizia, puzza tristezza; cascine abbandonate, case di povera gente.

Circonvallazioni e tangenziali sono due modi di vedere la città, il traffico, il mondo, la vita.
Le prime appartengono a chi vorrebbe attraversare gli Appennini in moto, in bicicletta, a piedi forse.
Le seconde a chi corre da Milano a Roma con l’alta velocità, a chi fa “casello casello” da casa al mare e ritorno, a chi sorvola la “fly over zone” da New York a Los Angeles perdendosi la Route 66. A chi raddrizza le curve delle strade per andare più veloce, a chi abbatte gli alberi secolari che fanno ombra ai bordi delle strade perché sono pericolosi per gli automobilisti (avete mai visto un albero precipitarsi contro un’auto?).
Spero in un futuro con poche auto, tante stazioni ferroviarie, tanti tram e tante rotonde in fiore.

lunedì 5 ottobre 2009

Win For Life

“mamma mia! sei appena tornata a casa e sei già al computer?”

“seconde te, la signora Manzoni diceva a suo marito ‘mamma mia, Alessandro, sei già al computer?’ mentre lui scriveva i Promessi Sposi?”

Era venerdì un attimo fa, un sabato del villaggio tutto da vivere, e dopo un attimo è di nuovo lunedì, il giorno più insopportabile della settimana.
Oddio, so che la settimana sarà più breve del previsto, sarà di nuovo venerdì e ancora troppo presto lunedì. , Natale, l’ultimo dell’anno,Pasqua, ferragosto... I capelli grigi, l’artrosi, la vista più corta.
Che fregatura bruciarsi i giorni rimasti compiendo ogni giorno il lavoro usato, quasi a scontare un ergastolo per qualche crimine che non ci si ricorda di aver commesso.

Ma oggi ho avuto un’idea. A me piace, non so se a voi piace. Creiamo una fondazione. Chiamiamola, per esempio, “fondazione Blue Bottazzi”. Lo scopo della Fondazione è quello di raccogliere i fondi per pagarmi diciamo tremila euro al mese perché io possa scrivere il blog. Io aggiorno quotidianamente i miei quattro, cinque o sei blog senza essere distratto da un lavoro o da necessità mondane, e la fondazione mi fornisce di che sopravvivere. Non sono un ragazzo esoso, non indosso scarpe costose, non voglio una villa a Forte dei Marmi e non guiderei mai una Ferrari. Mi basta scrivere i miei post, fare un po’ di turismo in moto e crescere Carolina. Magari in una casetta di campagna tutta rossa. Per questa cifra vi scrivo anche un paio di libri.
Allora, si fa?

P.S.: mi hanno detto di questa nuova lotteria che fa proprio al caso mio, si chiama Win For Life perché si vince una rendita di quattromila euro mensili per la bellezza di vent'anni. Vuoi vedere che è la volta che compro il mio primo biglietto della lotteria?

mercoledì 30 settembre 2009

ieri, 29 settembre


Ieri, 29 settembre... (“seduto in quel caffé, io non pensavo a te...”)

Se l’avete riconosciuta, vuol dire che siete vecchi. Vecchi abbastanza da ricordare il 1967. Tutto doveva ancora succedere.
Questi ovviamente erano solo l’Equipe 84 (non ho nostalgia del bit italiano, che banalizzava in chiave leggera le canzoni di una musica rock che diventava adulta), ma la canzone era firmata da un giovane Lucio Battisti, l’unico tentativo di rivoluzione della musica leggera italiana (musica leggera che per altro non fu capace di farsi influenzare da Battisti, come invece il beat britannico dai Beatles e il rock USA da Dylan).

Su Anni Rock ho pubblicato un elenco di dischi usciti nel 1967:

45:
Pink Floyd > Arnold Layne; See Emily Play (Columbia EMI)
Jimi Hendrix > Purple Haze; Foxy Lady (Polydor)
Beatles > Strawberry Fields Forever; Penny Lane; All You Need Is Love (Parlophone)
Rolling Stones > Ruby Tuesday; We Love You; She's A Rainbow (Decca)
Who > Substitute; The Kids Are Allright
Turtles > Happy Together
Wilson Pickett > Everybody Needs Somebody to Love

LP:
Pink Floyd > The Piper At The Gates Of Dawn (Columbia EMI)
Jimi Hendrix > Are You Experienced (Polydor)
Beatles > Sgt. Pepper (Parlophone)
The Who > Sells Out (Track)
Cream > Disraeli Gears (Reaction)
Doors (Elektra)
Velvet Underground > And Nico (Verve)
Traffic > Mr. Fantasy (Island)

giovedì 24 settembre 2009

la stella d'oro serie azzurra


Un paio di anni fa ho preso la decisione di non leggere più romanzi. Penserete che non è una grande comunicazione quella che vi faccio: in giro c’è un sacco di gente che di romanzi non ne legge mai e senza neanche averlo deciso. Ma il fatto è che dall’età di sei anni sono sempre stato un lettore accanito.
Come regalo della promozione in prima elementare ebbi l’abbonamento a Topolino, quello mitico degli anni sessanta, ed ho vividi ricordi di me seduto su un gradino a leggere le avventure del commissario Basettoni mentre gli altri bambini “perdevano tempo” a giocare con le figurine o a passarsi un pallone (forse per questo molti anni dopo ho apprezzato tanto la lettura di “Quella vacca di Nonna Papera” di Claudio Bisio). Da allora non ho mai smesso di divorare libri. Adoravo dei libricini della Mondadori chiamati Stella d’Oro, divisi in due serie, azzurra per letture fino a dieci anni e rossa per bambini più grandi. Inutile dire come la serie azzurra fosse di gran lunga più interessante. Ho un ricordo di me bambino a Forte dei Marmi sdraiato sotto l’ombrellone a leggere i racconti di Edgar Allan Poe anziché giocare con le biglie dei ciclisti.

In tutti quegli anni non ho mai imparato a “gestire” la lettura di un libro. Invece di tenermi un capitolo al giorno, sono uno di quei lettori che arrivati alla fine del capitolo decidono di leggere ancora la prima pagina del successivo. Poi finisco anche quello e sbircio la prima pagina del successivo ancora, fino a perdere l’intera notte (e a rimpiangere il sonno perduto ed il libro finito il mattino seguente).

Ora che la mia carriera di lettore è "finita" potrei dire che il mio romanzo che ho preferito leggere potrebbe essere “La Morte a Venezia” di Thomas Mann e in generale tutta la mia letteratura preferita è stata romantica e d’atmosfera, quella mitteleuropea di Arthur Schnitzler (Il ritorno di Casanova), Sàndor Màrai, Arlen Roth (la Cripta dei Cappuccini), forse anche Herman Hesse.
I due scrittori che amo sopra gli altri non sono però tedeschi o austriaci, bensì i due grandi affabulatori del XX secolo, due racconta-storie di quelli che non ti stancheresti mai di ascoltare: Piero Chiara, con le vicende che si svolgono lungo le rive del suo malinconico Lago Maggiore, e Georges Simenon, scrittore così bravo che non puoi fare a meno di figurartelo mentre scrive i suoi quattrocento romanzi con la penna stilografica, direttamente in bella copia e senza rileggerli.
Mi piace che si racconti di "posti", persi in un tempo in cui erano carichi di fascino, che si tratti di Venezia, Mantova, Vienna, Luino o Parigi.

Ma la vita è troppo breve e le cose da fare sono troppe. Stendersi sul lettino ai bordi di una piscina con un romanzo nuovo e null’altro da fare può sembrare un programma allettante, ma non è più gratificante lo stesso pomeriggio passarlo a giocare con la propria figlia? O se la figlia non ha voglia di giocare con noi, che ne dite di un giro in moto, scalare una montagna, fare una merenda in provincia? Fra leggere e vivere, alla mia età preferisco vivere.

Non è che sia riuscito davvero a non leggere più: leggo meno romanzi. Mi piace leggere storie sul web (almeno quanto mi piace scrivere storie sul web). Blog di persone.
Il tempo che spendo al computer è quello che guadagno non guardando la TV. Come ha detto Steve Jobs, “la gente davanti alla televisione spegne il cervello, di fronte al computer lo accende”. E pare che di questi tempi non ci sia bisogno di altre persone con il cervello spento.


P.S: a proposito di lettura, mi è piaciuto inaugurare una Antologia di Blog in cui segnalare quotidianamente le cose migliori che leggo nella blogosfera. Se anche a voi piace leggere on line, vi farà piacere trovare qualche indicazione stradale...

venerdì 18 settembre 2009

autisti estivi


Negli States gli automobilisti scorrono tutti a 90 km/h come su un tapis roulant, nelle loro due, quattro, otto corsie che siano. L’unica difficoltà che pone la guida oltreoceano è quella di cambiare corsia senza essere centrati da un truck lungo come un trans europe express. Noi popolo italico abbiamo troppa fantasia per una simile omologazione e ci piace correre nei modi più diversi, dagli autisti canuti che viaggiano in statali perfettamente sgombre a sessanta chilometri all’ora, alla BMW che in autostrada ci sorpassa dalla corsia di destra a centosettanta chilometri orari.
Ma in estate, nelle giornate più afose, queste varietà di comportamenti è esaltata da una ulteriore variabile: l’aria condizionata. E così capita che mentre correte perfettamente deumidificati ascoltando Mozart dall’autoradio, a 20° gradi centigradi lungo una savana cocente dove sull’asfalto la calura fa apparire tremolanti miraggi all’orizzonte e nei campi circostanti i cannoni sparino inutilmente l’acqua sporca dei canali per dissetare i campi, dobbiate attaccarvi ai freni per non tamponare una impolverata A112 il cui autista, stordito dalla calura, viaggia con i vetri completamente abbassati ed il braccio del tutto fuori dal finestrino steso lungo la portiera alla bella velocità di quaranta chilometri orari. Del resto come biasimarlo? Provate ad abbassare i vetri e vedrete che insostenibile velocità vi sembreranno 40 km/h...
L’autista - lucertola cotto al vapore dell’umidità è molto più pericoloso di quello impegnato in una personale sfida rallistica: può fermarsi di botto per osservare un campo, girare a sinistra senza mettere la freccia come infilare la retromarcia in autostrada se si accorge di essere passato oltre la propria destinazione.
O persino, è successo, infilare la tangenziale contromano e non schiantarsi prima di aver percorso almeno dieci minuti in contromano senza essere sfiorato dall’ombra del dubbio.

Vorrei dedicare il post di oggi a quelli che...

quelli che appendono l’alberello magico allo specchietto retrovisore
quelli che sorpassano da destra
quelli che entrano a tutta velocità nelle rotonde
quelli che guidano come se avessero subito un ictus e poi ti accorgi che stanno parlando al cellulare
quelle che guidano appese al volante senza appoggiarsi allo schienale
quelli che tengono l’intero braccio appeso fuori dal finestrino
quelle che il bambino è in piedi fra i sedili
quelli che in città vanno a 40 all'ora ma prima della curva toccano i freni (perché se ne vedono tante di auto ribaltate agli incroci...)
quelli che sulla statale vanno a 60 all'ora
quelli che sulla statale vanno a 160 all’ora
quelli che non si fermano alle strisce pedonali
quelli che al semaforo rallentano e rallentano fino a che diventa rosso
quelli che lampeggiano in autostrada

con l’augurio che si estinguano al più presto.

martedì 1 settembre 2009

Buon Anno!


Già: "buon anno!" perché è l’anno nuovo non inizia al primo gennaio, che è un giorno proprio identico al 31 dicembre.
Il nuovo anno inizia al primo lunedì di settembre, dura fino a luglio e si sospende in agosto.
È non lo accogliamo festeggiando come idioti ubriachi, scombinati e rumorosi, ma riflettendo nel nostro intimo, tirando qualche somma e organizzando qualche proposito.

E mentre facciamo propositi per l’anno nuovo cerchiamo di non farci influenzare dalla sindrome del “primo ottobre” e cerchiamo di goderci questi mesi di Vendemmiaio, Brumaio e Frimaio, fra i più belli e sottovalutati dell’anno.