martedì 30 marzo 2010

balla coi lupi


Oggi mi sento un po’ triste. Vagamente in lutto. Sono giornate in cui invece di scrivere dovrei rimanere in silenzio.
Sono quelle giornate in cui ti chiedi se valga la pena di nuotare sempre contro-corrente. Se valga la pena mettere sempre avanti i valori e continuare a rimanere dalla parte dei buoni come quando da bambini si giocava a guardie e ladri o si leggevano i libri con una morale.
Sempre dalla parte della minoranza. Non però dalla parte del torto. È che sono sempre arrivato in anticipo; gli altri arrivano dopo senza neanche scusarsi. Quando gli italiani erano tutti balilla io non c’ero, ma ricordo quando i miei compagni di liceo in eskimo si proclamavano maoisti e i dissidenti si prendevano del fascista. Ricordo quando esistevano il muro di Berlino ed i paesi oltre cortina. Ricordo quando mi stavano sulle palle Craxi e i socialisti, mentre gli altri prendevano la tessera per passare i concorsi (italiani brava gente).
O quando ero l’unico ad usare il Macintosh. O quando ero l’unico a non guardare la TV… ah già, sono ancora l’unico a non guardare la TV.

È in giornate come questa che mi domando: ma perché non mando affanculo i miei valori e non salgo anch’io sul carrozzone a infilare le mani nella marmellata?
Dalla parte dei Berluscoleghisti non ce la farei, troppe differenze etiche e culturali. Non mi ci vedo in sede a prendere per il culo i lavoratori immigrati e a darmi pacche sulle spalle in dialetto. Ma perché non salire sulla corazzata Potemkin? Magari diventerei persino "assessore alla cultura" e avrei finito di lavorare…

Sono tutti incazzati con Beppe Grillo, uno che ha rinunciato al successo per stare dalla parte dei propri ideali. Sono incazzati perché a sentir loro avrebbe contribuito alla sconfitta del PD di D’Alema. Come se Grillo fosse dalla parte del PD. Come se chi lo vota avesse voluto votare Bersani ma fosse stato fuorviato dalle cattive compagnie. Come se uno si incazzasse con il Palermo perché ha fatto perdere la Juventus.
Io ho la certezza che non volevo votare Bersani: io non voglio respirare l'aria degli inceneritori, non voglio le centrali nucleari, non mi piace la gestione dei Comuni a tutto favore delle cooperative, non sono d’accordo con gli appalti, sollevo la questione morale e non volevo l’indulto… perché mai avrei voluto votarlo?

Dunque non ostinatevi a contare i voti a cinque stelle come voti rubati al PD. Io non voglio Berlusconi in Italia, ma neanche Bersani in Piemonte, e se è per questo non lo vorrei neppure in Emilia Romagna. Sarei addirittura stato deliziato se il PD avesse perso l’Emilia e il PDL la Lombardia… un pareggio ma con un guadagno per tutti, ve lo immaginate lo sconquasso?

Certo, un Partito Democratico alla Obama mi piacerebbe, a chi no? Ma non questo partito. Quello di Ignazio Marino lo avrei provato volentieri, magari avrei dato fiducia anche a quello della Bonino.
E magari ci avrebbero provato anche gli italiani, per una volta.

giovedì 11 marzo 2010

View Master


Una delle cose che più ha contribuito a procurarmi i brividi lungo la schiena mentre seduto sulla poltrona del cinema mangiavo con gli occhi il Paese delle Meraviglie di Alice, è stata la visione 3D. Avevo già visto film 3D ma solo in cartoni animati. È la prima volta che vedo un film in 3D con attori in carne ed ossa. Non sono le tre dimensioni della realtà. Non è un altezza - larghezza - profondità, ma piuttosto una serie di fondali messi in prospettiva a distanze diverse. Sono le tre dimensioni di quei magici libri diorama che si aprono mostrando la scena di una fiaba, quei libri che lasciano senza fiato i bambini e con cui io stesso da bambino potevo giocare per ore senza stancarmi.
Fosse stato per me, avrei voluto che Alice in Wonderland consistesse in una lunga passeggiata di Alice e del Cappellaio Matto per il Paese delle Meraviglie senza permettere a nessuna storia di distrarmi.
Questa Alice in 3D mi ha risvegliato un ricordo dimenticato, quello di un regalo meraviglioso ricevuto da bambino che mi faceva vivere esperienze del tutto identiche: si chiamava View Master e si trattava di una sorta di binocolo con il quale si leggevano diapositive binoculari che danno alle immagini una sorprendente prospettiva 3D. Le foto stavano su un cerchio di cartone che si infilava nell’apparecchio come un DVD in un lettore, ma il risultato era meglio di un DVD.
In un’epoca senza TV a colori e senza film registrati, era assolutamente magico vivere una favola o un racconto attraverso le immagini tridimensionali e dai colori vivaci del view master.
Credo che negli USA vendessero addirittura macchine fotografiche per creare fotografie 3D da leggere con il VM. Poi questo magico apparecchio è scivolato nel dimenticatoio. Non se n’è più visti nei negozi di giocattoli come non se ne ho mai letto in quegli articoli vintage sulle riviste.

Non ricordavo più del View Master fino a quando Tim Burton mi ha offerto il 3D di Alice. Ma con il DVD come la mettiamo?

domenica 7 marzo 2010

Alice

Il Paese delle Meraviglie (del film di Tim Burton) è bellissimo. Non la storia, ma le immagini. Già parte bene, ambientato in quell’Inghilterra Vittoriana che abbiamo imparato ad amare al cinema. Ma diventa addirittura straordinario dal momento della presentazione dell’adolescente bellezza di Alice, alla comparsa del bianconiglio, alla caduta nel buco fino alla famosa stanzetta della porticina, la chiave, la bottiglietta bevimi ed il dolcetto mangiami. E si trasforma in sinfonia all’ingresso nel Paese delle Meraviglie. Perché per me il segreto di Alice è tutto qui: il genio di Tim Burton che solletica i miei sensi mostrandomi come se sognassi ciò che ho sempre solo immaginato o vissuto in bozza nei disegni di Disney. Il paese delle Meraviglie è meraviglioso. La storia è nulla, i personaggi tutto: il Bianconiglio, lo Stregatto, il Brucaliffo, lo straripante Cappellaio Matto, la Regina Rossa, e persino l’airone rosa che fa da mazza da croquet ed il riccio che fa la palla.
La storia è stata riscritta e costituisce una sorta di ritorno a Wonderland di una Alice cresciuta, un po’ lo stesso espediente applicato anni fa ad un’altro eroe della nostra infanzia, il Peter Pan di Hook. Fino a che costituisce un espediente per giustificare il viaggio attraverso luoghi e personaggi la nuova storia funziona, poi si sviluppa banalizzando un po’ Alice attraverso lo specchio fino ad una battaglia alla Signore degli Anelli ed un deludente finale di Alice che si trasforma in astuta affarista e donna di mondo. Poco male: basta cancellare dalla mente gli ultimi minuti di film -- anche se fino alla fine contavo su Tim Burton per un colpo di scena che davo per certo ma che è mancato del tutto.

Quello che mi è mancato del cartone animato è il viaggio che Alice compiva, on the road nel Paese delle Meraviglie, e quella follia psichedelica proto-lisergica che pervadeva il film. Del libro di Lewis Carroll i giochi sulle parole e sulle poesie (anche se è splendida la poesia di parole inventate pronunciata dal Cappellaio Matto).
Del Tim Burton che mi aspettavo mi è mancata un po’ di malizia (malice) e la capacità di sorprendermi. Ma quello che ho avuto mi è bastato. Un bel sogno, ed una rapsodia per i miei occhi.