mercoledì 27 giugno 2012

the love you take is equal to the love you make




"…and in the end the love you take is equal to the love you make" cantavano i Fab Four prendendo commiato dal pubblico sul loro ultimo disco (Abbey Road: Let It Be è uscito dopo ma era stato registrato prima). Avevano ragione anche quella volta. Favolosi quattro, perché ci avete abbandonati in questo mondo di biechi blu, in questo mondo di stronzi e di capitalisti? Dove sono oggi i nostri guru? "L'amore che ricevi è pari all'amore che dai" (loro dicono fai, che è ancora più interessante). Ed è vero e lo confermo, si tratta solo di continuare a crederci e di non perdersi per strada.
So di aver vissuto una vita felice, ma nel maggio di un anno fa mi ero ritrovato a scrivere: "Michele aveva perso le sue biglie. Io ho perso la mia felicità. A scopo simbolico potrei dire dal giorno del mio cinquantesimo compleanno. Non l’avrei pensato davvero quella sera: guardavo il sole tramontare nell’oceano, da una spiaggia di sabbia, dove sotto il riparo di un gazebo in legno mangiavo scampi alla griglia pescati di fresco. Questo per dire che non puoi mai dire, nella vita. Ma non mi sono perso d’animo: conto ancora di ritrovarla, con gli interessi maturati".

Scrivevo sei mesi dopo: "…è stato per me un anno determinante anche come persona. È l'anno in cui sono stato messo a knock-out, in cui mi sono rialzato e in cui ho ripreso a camminare, walk like a man, camminare come un uomo, direbbe il mio amico di Asbury Park. È stato l'anno in cui ho attraversato il purgatorio per arrivare al paradiso. Ho cercato e trovato il coraggio di lasciare una vita che aveva preso una direzione sbagliata  e ricominciare tutto da capo. È stato l'anno in cui mi sono trovato solo, in cui tutto ciò in cui credevo pareva non avere più valore, l'anno in cui ho conosciuto la disonestà, il tradimento, la solitudine, l'anno in cui ho capito cosa significa il vecchio blues "nobody wants you when you're out and down", l'anno in cui ho dovuto riscrivere la lista dei miei amici, in cui ho dovuto guardarmi negli occhi allo specchio per ritrovare la fiamma. Ma non ho rinunciato neppure per un attimo ai miei valori ed alle cose in cui credo, ed anzi proprio a quelli mi sono aggrappato. L'anno in cui ho vissuto nella mia Big Pink nella mia Woodstock, anche se la casa è gialla e il basement è sotto il tetto e Woodstock la via Emilia. L'anno in cui potevo trovarmi da solo sotto la pioggia, ma proprio in quel momento mi sentivo più umano e più vivo che mai, più felice di vivere ed affamato d'amore. L'anno in cui dopo troppo tempo ho ritrovato le cose che contano. Un anno fa a Natale mi sentivo come Dan Aykroid vestito da babbo natale che fa cilecca con la pistola. Questo Natale tocco il cielo con un dito".

Ancora sei mesi ed il ciclo era compiuto: succedeva quello che, da ascoltatore di tanti 45 giri dal cuore rock, avevo sempre saputo. Che siamo la metà di un intero e che da qualche parte la fuori esiste l'altra metà, che vive, respira, mangia, dorme, lavora, gioisce, soffre, ride, piange e, senza darlo nell'occhio, anche lei ci cerca. Lo sapevo ma non ero più tanto sicuro che l'avrei trovata, forse non in questa vita. Lo so oggi perché l'ho trovata. E lei ha trovato me e ci siamo riconosciuti, subito. Lei aveva una giacca rossa, da mod. Io un giubbotto di pelle, da rocker. Ci siamo visti, ci siamo salutati, abbiamo mangiato una pizza in una improbabile pizzeria cinese come in un film. Ci siamo baciati ed eravamo già innamorati, perché lo eravamo prima ancora di incrociarci. Perché lei è la mia metà. È scrittrice (in effetti è la più grande scrittrice rock di questo paese), è giornalista, è musicista, è bella, è madre, è innamorata, è amata. È Alice nel Paese delle Meraviglie. È Eleonora.

"Eleonora è un angelo" ha scritto Pete Townshend che le ha dedicato più di una canzone. "Eleonora è Alice nel Paese delle Meraviglie" aggiungo io. Alice che passeggia nel mondo del rock attraversando traversie e situazioni e incontrando ogni tipo di persone colorando, come i Beatles in Yellow Submarine, tutto e tutti con la propria poesia, la propria meraviglia, la propria gioia di vivere, e tutto e tutti contagia in questa sua visione, conquistandosi un lasciapassare che la rende immune da ogni pericolo. Eleonora è Alice che canta: "di rosso le coloriam!" senza timore della Regina di Cuori. Eleonora è Alice che non chiede nulla se non il permesso di guardare e di bearsi della bellezza che vede in ogni cosa.
Eleonora è stata fan e groupie, ha conquistato chi l'ha incontrata e si è trasformata un passo dopo l'altro in corrispondente, giornalista, scrittrice, musicista (classica), e nel frattempo donna, strappando più di un cuore e ribaltando con la sua innocenza il rapporto fra fan e divo. Nel 2004 suonava Tommy alla Royal Albert Hall con gli Who, nel 2008 (il 31 dicembre) a Liverpool suonava il White Album.
Io sono il suo uomo. Perché alla fine l'amore che ricevi è uguale all'amore che dai (e che fai).