martedì 28 aprile 2009

Dei Pagani


Una delle idee con cui è più difficile venire a patti per un animale intelligente come l’uomo è quella della morte. Non è facile accettare l’idea di morire “per sempre”. Probabilmente è proprio in quel sempre che sta la nostra incapacità di comprendere: potremmo forse accettare al contrario l’idea di vivere “per sempre”?
Il sempre in effetti è un po’ lungo.  
Da questa vertigine origina la nostra esigenza di divinità. Se dovessimo usare la conoscenza dovremmo definirci atei: nessuno di noi, infatti, sa nulla di Dio. Nessuno a Dio ha mai parlato, e Dio non mai ha parlato a nessuno, sia che si trattasse di imperatori, papi, dalai lama, rabbini, saggi o sciocchi, ricchi o poverelli. Temo di non aver mai conosciuto una persona che creda veramente in Dio: qualcuno che non temesse la morte e non piangesse la morte dei suoi cari, anziché gioire del loro arrivo al paradiso, il luogo della eterna beatitudine.

Se usassimo la logica, dovremmo definirci agnostici.

Se usassimo il cuore, scopriremmo la nostra necessità di religiosità e misticismo.  
Una necessità che non arriva al punto di farmi inventare un Dio a mia immagine e somiglianza. Mi limito a celebrare questa divinità, che non conosco e non posso conoscere, nella mistica del cielo e del mare, del vento e delle montagne. Come i primi popoli, come gli antichi Greci, come gli indiani d’America.

(PS: alla mia generazione di illuministi sembrava che la religione - con tutto ciò che nella storia ha comportato - fosse arrivata al capolinea. Certo, c’era ancora la DC, ma dieci anni fa sembrava essere stata spazzata via anch’essa dal vento della storia, per lasciarci un’Italia laica, come nel 1870. Ma alcuni avvenimenti hanno dimostrato che non è così. Naturalmente lo shock del 11 settembre 2001. Ma anche l’agonia del Papa santo, nella primavera del 2005, ha mostrato quale spiegamento di mezzi e di mass media sia in grado di muovere la Chiesa Cattolica. Quando Giovanni Paolo II è morto, tutti i quotidiani hanno titolato a lutto. Nessuno che abbia scritto: “il Papa è in Paradiso, con Dio e gli Angeli”
Ma allora Dio è proprio come Babbo Natale: non ci crede più nessuno! Però a mostrare di crederci c’è un bell’interesse...)

venerdì 24 aprile 2009

erano aaaanni



"Erano aaaanni che non mi divertivo così" 

Si celebrano i vent'anni di uno dei rari film italiani generazionali: Marrakech Express. Un film che raccontava di noi trentenni di allora (noi che oggi siamo approdati ai cinquanta). 
C'è un modo migliore di festeggiarlo che con un viaggio a Marrakech (o quasi) ? Il viaggio in moto in Marocco è un mito per i motociclisti, ma non si può fare in meno di quindici giorni. Ma con una settimana a disposizione si può comunque ripiegare sulla più vicina Tunisia. 
Così ho colto l'occasione, messo a punto la moto, preso le ferie e mi sono iscritto
 allo Stelvio Ride in Tunisia per il ponte del 25 Aprile. E quando sono stato avvisato che il Ride era spostato all'autunno (per carenza di iscrizioni: per forza, è stato organizzato praticamente in gran segreto!) ormai l'energia era tanta che, dopo una breve ricerca sul web, mi sono aggregato al tour della Tunisia organizzato negli stessi giorni da Motorrizonti. 
Sabato caricherò la moto, prenderò la Val Trebbia fino al Porto di Genova e poi via su un cargo per la Tunisia (ok, un traghetto veloce...). Montagne del sud, deserto del Sahara. 
Appuntamento su questo blog. Se fra dieci giorni non leggete niente, venitemi a cercare. 
Come in Marrakech Express.

martedì 21 aprile 2009

Grandeur


Intendamoci: io amo la Francia e conservo il ricordo di un paio di lunghe vacanze in cui ho toccato località bellissime come Alsazia, Normandia, Bretagna, Loira e Camargue, Porquerolles, e che ho anche immortalato in un film (no, non novelle vague). Amo gli attori francesi di una volta (Jean-Paul Belmondo, Alain Delon, Gérard Depardie, Jean Gabin, Yves Montand, Philippe Noiret, Jean Louis Trintignant, e perché no, Fernandel, Louis De Funes e Jean Reno...), e Georges Simenon è uno dei miei scrittori preferiti.

Inoltre non sono certo l’italiano che all’estero cerca di mangiare spaghetti. Anzi ho un dono tutto alla Zelig di trasformarmi nello spazio di tre giorni in un nativo: in vita mia sono stato a pieno titolo un francese, un irlandese, un austriaco, un inglese, un marinaio, un montanaro, e naturalmente Gaetano o’mericano. In Francia ho mangiato da francese, con tutta la migliore volontà: dopo le prime delusioni mi sono detto che probabilmente per mangiar bene in Francia bisogna spendere molto. Ho comprato la guida michelin, e ho seguito prima la pista dei migliori locali con rapporto qualità / prezzo (li segnano in rosso), poi quelli più costosi. Sono stato sfortunato: non sono mai riuscito a mangiare in modo memorabile e questa famosa grande cucina francese resta per me un mistero irrisolto. La miglior novelle cuisine l’ho assaggiata all’Osteria del Teatro a Piacenza. Ma mai che le oche, i conigli, le cozze e le vongole che in Francia mi hanno messo nel piatto, sempre coperti in abbondanza da panne, salse e creme a nasconderne la (bassa) qualità, mi abbiano smosso entusiasmo. Porto come eccezione il ricordo di una tartare di manzo a Parigi e i formaggi un po’ ovunque.

Ho elaborato una mia teoria: che la cucina francese rappresenti la grande cucina per motivi storici, quando i cuochi di corte dopo la rivoluzione si misero in proprio e aprirono raffinati ristoranti mentre nelle altre nazioni ancora si mangiavano topi.
Un po’ come la lingua italiana, che è toscana perché i toscani sono stati i primi a parlarla mentre oggi sono gli unici che non lo fanno.

Ma Alsazia, Normandia, Loira e Camargue, Provenza, Porquerolles, Bretagna e Borgogna sono comunque bellissime.

martedì 14 aprile 2009

Giorno di festa


Le mie feste preferite sono quelle dalle radici pagane, le feste in relazione con le stagioni e con il ciclico rinnovarsi della vita. Feste da festeggiare nell'intimità del proprio animo piuttosto che nel consumismo mondano.

Se "ciclo" deve essere, allora si inizi con l'inizio dell'anno. Con tutta evidenza l'anno nuovo non inizia il primo gennaio, giornata esattamente identica al 31 dicembre, non fosse che per un poco di mal di testa da cattiva digestione, soprattutto da alcolici. Alle nostre latitudini di paese mediterraneo l'anno termina con luglio, resta sospeso in agosto, e inizia di nuovo il primo di settembre. Ai tempi della scuola avrei detto il primo ottobre, ma oggi anche la scuola non inizia più in ottobre. Naturalmente non c'è niente da festeggiare in un nuovo anno che arriva ed un altro anno che se ne va, lasciandoci un poco più vecchi. Ed anche per quello che riguarda le grandi aspettative per l'anno nuovo, l'esperienza ci avrà bel insegnato qualche cosa... Dunque, primo settembre anno nuovo, ma senza festa.

L'inverno bello, quello della prima neve e della mitologia, si festeggia all'altezza del solstizio. Direi, data l'importanza della festa, dal 13 dicembre Santa Lucia al 25 dicembre giorno di Natale, con un eco fino al 31 dicembre e all'epifania, che tutte le feste si porta via.

L'inverno di gennaio è invece freddo, interminabile e noioso. La prima voglia di festa è rappresentata dai tre Giorni della Merla, il 29, 30 e 31 gennaio, che essendo secondo la tradizione i giorni più rigidi dell'anno rappresentano anche il traguardo, il punto di non ritorno oltre il quale si comincia ad attendere l'arrivo della primavera e dei giorni più caldi. Più precisamente dalla Candelora, 2 febbraio.

Pasqua è la festa della primavera, della rinascita, della speranza. La stagione più bella dell’anno e della vita (e la più rimpianta). Ma il bello è che ritorna tutti gli anni. Come l’alba segue sempre alla notte, la primavera segue sempre all’inverno. Chissà che anche una nuova vita non segua a questa.
Pasqua è la festa della rinascita e della speranza, e non a caso a caso si festeggia la risurrezione. Significativamente cade la prima domenica (giorno di Dio) dopo la prima luna piena dopo l'equinozio di primavera, il giorno dal quale le ore di buio diventano meno di quelle di luce. da quel momento si esce dalla stagione buia e fredda, l'inverno per entrare nella assolata e calda primavera.
Pasqua è il sabato del villaggio, e come tale la festa più bella dell'anno (anche se poi va spesso a finire che piove).

Il primo maggio è la festa del lavoro, che va festeggiata nel suo significato originale, quello che ci ricorda che la nostra giornata quotidiana è composta di lavoro per non più di otto ore, riposo per non meno di otto e infine di otto ore dedicate a noi stessi. A ricordarci che la felicità deve essere quotidiana. Anche il primo maggio è una festa antichissima, celebrata in epoca pre-cristiana come festa dei fiori, inizio dell'estate, festa di Walpurgis per i Vichinghi e inizio del mese di Maria per i Cristiani (e non va dimenticato che Maria, Nostra Signora, è perlomeno in tutta europa la Dea della Fertilità, divenuta madre di Cristo per sincretismo).

L'estate si festeggia la notte di San Lorenzo, il 10 agosto, quando è fatto obbligo ad ogni persona con un minimo di poesia nel cuore di andare a cercare una vetta da dove scrutare il cielo e godere del magico spettacolo della pioggia di stelle cadenti. Un avvenimento che ci fa sentire al tempo stesso così piccoli nell'universo e così importanti da vivere sotto un cielo così bello.

Manca qualche festa? Fosse per me, festeggerei la Presa della Bastiglia (14 luglio), come festa della Rivoluzione e dell'Illuminismo, a ricordarsi di restare sempre un po' rivoluzionari, e di non dimenticare dell'importanza dei diritti civili conquistati a fatica da qualcuno prima di noi. È ben vero che in quel giorno io lavoro, ma per una fortunata coincidenza la festa del patrono della mia città si tiene pochi giorni prima, il 4 di luglio, che oltreoceano è anche la Festa dell'Indipendenza di una nazione la cui anima poggia proprio sui principi dell'Illuminismo. Così non mi manca occasione di festeggiare anche la Rivoluzione.

Resta il compleanno. Ognuno ha il suo, un po' chiassoso, più o meno festeggiato. Ma siccome ad ogni compleanno mi ritrovo di un anno più vecchio, va a finire che quello che mi piace celebrare, per qualche istante dentro di me nel momento in cui me ne ricordo, è la più modesta ricorrenza dell'onomastico, che nessuno mai si ricorda di augurarci. 


giovedì 2 aprile 2009

Genova


"Io per il lavoro che faccio viaggio molto
e una volta sono stato anche a Genova...
...io quando vado a Genova vado da solo
e gli altri non ho piacere che vengano a Genova con me.
Quella volta sono andato in moto e non c'era neanche il sedile di dietro.
A Genova ho incontrato un signore che con un giro di parole
mi ha fatto capire che a Genova c'è il mare".

(Cochi & Renato)

In vita mia a Genova sarò stato un centinaio di volte. Di solito di passaggio: o al porto, in procinto di imbarcarmi per la Corsica, o diretto alla Riviera di Levante o, meno spesso, di Ponente; o verso Recco a mangiare la focaccia, o ancora diretto all'Acquario. C'è stato un periodo in cui mi ritrovavo così spesso all'Acquario che ormai chiamavo i pesci per nome. Di battesimo.
Una volta a Genova ho visto Bruce Springsteen.
Genova la attraversi lungo la sopraelevata, da cui intuisci la sorprendente bellezza della città, ma ciò nonostante non sospetti un fascino che possa rivaleggiare con Roma, Firenze o Venezia.

Anche in questa occasione sono partito per Genova diretto all'Acquario; si sa che la domenica non è la giornata consigliata per una gita di relax all'Acquario di Genova, ma ero vincolato da una promessa fatta a mia figlia, così che non è che avessi da scegliere. Partenza intelligente in orario antelucano, immaginavo di arrivare al mare ad "aprire la città", così che ci sono rimasto male a trovare la coda per i biglietti. Niente comunque in confronto a quanto sarebbe stato da li ad un paio d'ore...
Non c'è niente di più bello di vedere il mondo attraverso gli occhi di un bambino, e guardare la vasca degli squali, o dei delfini, dei pirañas o dei pinguini attraverso gli occhi di una Carolina di sei anni è un divertimento dimenticato da noi adulti... così come un giro turistico del Porto, specie dopo un'abbuffata di quella focaccia unta dalla morbidezza e dal sapore così inimitabili che da sola meriterebbe alla città il titolo di Capitale d'Italia.
Ma la parte straordinaria è venuta dopo la sbarco, con una passeggiata così inaspettata che ancora ne avverto il sapore visionario come l'avessi vissuta in un sogno: dal Porto Vecchio ai carruggi della città, con colpi di teatro come quando da un vicolo stretto, buio e malandato all'improvviso ti trovi ad ammirare vie e palazzi di una suntuosa bellezza come via Garibaldi con il Palazzo Rosso ed il Palazzo Bianco. Mentre a pochi metri corre parallelo il budello di via Maddalena, con i tanti locali etnici e, nomen omen, le tante prostitute sbarcate da ogni angolo del mondo. Una passeggiata per l'intrico delle strade del porto è più evocativa ed eccitante di un viaggio nei sobborghi di Cuba e di uno nello sfarzo di Parigi al medesimo tempo. Una scoperta dopo l'altra, come le piastrelle della trattoria economica da Maria nel ripido vico Testadoro, su cui sono appesi non solo i menu ma anche i commenti, come "minestrone buonissimo", o il lusso della Suntuosa Piazza de Ferrari, che ci ricorda che Genova fu una delle Capitali del Mondo. E carrugi dai nomi evocativi come via del Campo e vicolo della Rosa.



mercoledì 1 aprile 2009

pesce d'Aprile


Un bellissimo pesce d'Aprile: dopo un inverno infinito, con tanta neve e tanto freddo, quando finalmente spunta il sole della primavera, ecco di nuovo una pioggia fredda e fitta, ed un tempo novembrino.
Un grande scherzo, davvero buffo, molto divertente.