mercoledì 11 maggio 2016

Ruote per la mente


Ho letto, per caso, che le vendite degli Apple MacBook sarebbero crollate del 40%. Ho accolto la notizia con soddisfazione, perché questo è l’unico feedback possibile che la gente poteva dare ad un’azienda, la Apple di Tim Cook, che continua ad aumentare i prezzi dei propri computer riducendo contemporaneamente le prestazioni, tanto dell’hardware che del software.
Sto riferendomi all’amatissima linea Macintosh, non ad iPhone ed iPad, su cui non ho lagnanze. Sto parlando di computer sempre più sottili, con una sola porta (che se colleghi all’alimentazione non puoi attaccare ad un hard disk o ad una stampante), con il minimo sindacale di memoria di massa e di memoria in linea, venduti ad un prezzo di gioielleria.
Posseggo un iPhone di ultima generazione con cui dialogo tramite Siri, ho un iPad che uso per “consumo”, compreso leggere libri, viaggiare sul web (per quello che vale il cosiddetto web 2.0), consultare FaceBook e la posta elettronica, ascoltare la musica in streaming (ed inviarla in rete allo stereo hi-fi) e guardare i film altrettanto in streaming.
Ma tutto il lavoro vero lo svolgo sul Macintosh.
Un MacBook del 2011 (un lustro, che in informatica è un’era geologica) di cui ho fatto raddoppiare la memoria solida (non da Apple) ed uso con grande profitto come macchina per scrivere (io scrivo). Ed un iMac con un grande schermo da 27” ancora più anziano (è del 2009) che uso per la grafica, l’impaginazione, i blog.
Il mio iMac era decisamente più performante nel 2009, ed il paradosso è che i programmi di quell’anno erano di molto più efficienti di quelli di oggi. Per esempio, con iMovie di allora potevo montare un film di qualità professionale, mentre iMovie di oggi è un giochino per utenti senza pretese - come praticamente gli altri programmi attuali di Apple, ad eccezione forse ancora di Keynote. È stato un inatteso lavoro di downgrade: ogni uscita software ed hardware vale meno del precedente.
Il mio errore con iMac è stato quello di aggiornarne il sistema operativo e le applicazioni. Per scopi “professionali”, o meglio “prosumer” (quello io sono: un dilettante avanzato), assai meglio sarebbe stato che avessi conservato l’originale.

Se avessi a cena da me Tim Cook, gli domanderei: perché dovrei cambiare un vecchio Mac con il modello nuovo?

Ovviamente se lo domandano anche in Apple, ma temo si siano dati una risposta nel modo sbagliato: la loro immagino che sia “perché il vecchio Mac è lento”. Ed è lento perché gli aggiornamenti, calibrati sulle macchine nuove, che ti abbiamo spinto ad effettuare, lo hanno rallentato a livelli di inusabilità.
Il piano pare essere quello di spingere l’utente a rinnovare l’hardware ogni due anni. Più che un’acquisto, una sorta di abbonamento alla mela scolorata. Ma il piano non sembra comunque funzionare.

Il Mac di oggi non si può aggiornare; in realtà non si può neanche aprire. È un buon motivo per non acquistare un Mac di oggi. Personalmente avrei cambiato l’iMac 27” con un Mac Mini, che fino ad oggi si può aprire, ma ne hanno messo in commercio un modello meno performante del precedente.
Qual è il problema con il Macintosh?
Che la Apple iridata, quella di Steve Jobs (ma, sono sicuro, anche quella di John Sculley) aveva la missione di migliorare il mondo. Voleva dare ruote alla creatività.
La mela sbiancata ha come priorità fare fatturato. L’utilizzatore è stato degradato a mero cliente.

P.S.: L’informatica personale, oggi declassata ad informatica popolare, è nata nella Silicon Valley, in posti come lo Homebrew Club, ad opera di hippie visionari che volevano migliorare il mondo.
Se la Apple di oggi ha deluso i suoi utenti originali, il mondo dell’informatica in generale è addirittura scomparso, evaporato, lasciando il posto ad ottusi assemblatori di elettrodomestici. Negli anni duemila non è comparso sulla scena un solo concorrente per Apple ed il suo Mac. Il mondo del software non è più capace di sorprendere*, e tanto meno ne ha la volontà, mentre i computer ed i loro sistemi operativi sono anonimi. Le aziende si accontentano di imitare Apple, in cambio di briciole di guadagni. Su come sia possibile che si sia realizzata questa anestesia generale della creatività, non ho una spiegazione. Se non che neanche Beatles e Rolling Stones hanno eredi nel nuovo millennio.


(*) Quale software del 2000 mi sorprende? Lo streaming di Spotify & Co, Wikipedia (ma non del tutto)... Non mi viene in mente altro. Persino i motori di ricerca si sono venduti a dare risposte più redditizie che utili.