lunedì 28 dicembre 2015

Guerre Stellari


Da ragazzino mi poteva capitare di prendere in mano un albo di Superman (che all'inizio si chiamava Nembo Kid) o di Batman, per esempio su una spiaggia estiva oppure seduto sulla poltrona del barbiere (anche se lì, a dire il vero, erano altri i fumetti che con finta indifferenza si cercava di lumare). Ma nonostante il fascino di storie infarcite di kriptonite verde o multicolore, non veniva in mente a nessuno di paragonare i fumetti dei supereroi alla letteratura, o anche solo a quelli degli albi di Linus. Per questo mi infastidisce un po’ tutto il can can sollevato dalla proiezione del sequel di un film hollywoodiano di fantascienza, quasi fosse l’evento cinematografico dell’anno - e probabilmente lo è, in una società che culturalmente gravita attorno ai serial televisivi.
Con la fantascienza ho sempre avuto un rapporto ambivalente. Mentre da una parte ne sono incuriosito, dall’altra non è mai successo che un romanzo di fantascienza mi abbia soddisfatto. A parte che la letteratura di genere è una letteratura “minore” per definizione, ogni volta che mi imbarco nella sua lettura trovo che gli scritti siano sciatti e scontati e soprattutto mancanti di un senso. Per tralasciare la fantascienza cyberpunk, i cui temi disturbanti mi sembrano solleticare più che altro le pulsioni sessuali masochistiche del lettore.
What’s so wrong in peace, love and understanding?

A tredici anni mi piacevano i Robot di Asimov, e la trilogia della fondazione, ma a quell’età si è tutti un po’ nerd. Riletto, Asimov mi è sembrato più vicino alla Settimana Enigmistica che alla letteratura.
Più dei libri ho apprezzato il cinema di fantascienza, almeno quello degli anni settanta ed ottanta. Da bambino ero ipnotizzato dalla serie “Ai confini della realtà”, anche se veniva di regola trasmessa ad orari in cui mi trovavo a letto. Ed i telefilm di “Ufo Base Luna”, così cool e mod. Il cinema riesce a realizzare in modo meno banale le visioni fantascientifiche: 2001 Odissea nello spazio, Alien, Blade Runner, Guerre Stellari (l’originale con il titolo in italiano), Total Recall, ed anche minori di fascino come Predator, Stargate o Il Quinto Elemento. Persino il primo film di Star Trek, quello del 1979. Sto includendo solo i film strettamente di fantascienza, quelli con gli alieni, lasciando fuori cose come Minority Report, per esempio.
Erano splendidi i film SF classici in bianco e nero degli anni cinquanta, per la loro essenzialità ed asciuttezza, lontano dai cliché televisivi e dagli schemi prefabbricati dei film hollywoodiani contemporanei (tipo Independence Day, appesantito dal cerone degli extra di storie d’amore). Mi viene da pensare a cose come Ultimatum alla terra, oppure La cosa dall’altro mondo (ripresa benissimo anni dopo da John Carpenter). Film con un ritmo.
Il fascino di Guerre Stellari, l’originale, non stava certo nella trama (buoni contro cattivi, non ci serviva altro), ma nel quadro polveroso e usato di una fantascienza finalmente non patinata, ma popolata di cowboy malconci come Ian Solo (il vero protagonista, star in quegli anni anche di Blade Runner e Indiana Jones), Chewbecca, C1-P8 e D-3BO. Fra l’altro già visti, una decina di anni prima, in un fumetto di Bonvi e Guccini intitolato Storie dallo Spazio Profondo, in cui non mancava né l’astronave scassata, né la coppia del comandante sbruffone e del suo socio antropomorfo, e nemmeno il bar in cui sarebbero entrati, una decina di anni dopo, Luke Skywalker e Obi-One Kenobi.


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