domenica 19 febbraio 2012

gone country #2





Mi sono reso conto di essere diventato country un paio di stagioni dopo essermi trasferito a vivere in campagna. Stavo guidando una domenica mattina verso il paese, i finestrini erano abbassati e lasciavano entrare un tiepido profumo d'autunno. Lascio cadere l'occhio sul tachimetro per accorgermi che sto procedendo a 60 chilometri all'ora. Cazzo, ero veramente diventato country! Di quelli che alla domenica mattina fanno un giro sulla piazza del paese che mi ricorda la Provenza: macellaio, panettiere e poi un caffé al bar, quello con la barista formosa non quello dei turisti, e magari anche quattro chiacchiere con un amico ed una fetta di crostata. Il country lo distingui subito: ha una camicia tecnica, magari rossa di flanella, jeans Levi's e scarpe gialle Timberland. Indossa accessori marchiati Columbia, North Sails o alla peggio Decatlon. È completamente diverso dal redneck. Il redneck è nato in campagna, da una famiglia nata in campagna. In italiano redneck suonerebbe villico, o villano, ma per essere politically correct useremo il termine campagnolo. Qualcosa fra Dinamite Bla ed Un Tranquillo Weekend di Paura. Invece il country nasce cittadino, ma siccome ama la primavera, il profumo di erba tagliata e la neve d'inverno si è spostato alla fine a vivere in campagna, di solito in un rustico riadattato, anche se cercava una casa colonica, una piccola fattoria che esiste solo nei film sui vigneron francesi. 
Il country d.o.c. sogna il chiantishire, ma nel mio caso si è accontentato del trebbiashire. Il country ed il redneck sono due personaggi all'antitesi, al limite del compatibile. Anzi, a pensarci hanno varcato quella linea. Il country degli anni novanta guidava una Volvo Polar rossa. Oggi non ha proprio una auto dedicata, va bene qualsiasi station-wagon purché abbastanza stagionata (e con un adesivo apple sul lunotto) oppure un fuoristrada che non sia in odore di SUV. Personalmente mi piacerebbe un Mercedes GLK in tinta opaca, ma non credo di potermela permettere. Il redneck degli anni novanta guidava una Opel, perché era l'auto di una certa dimensione venduta al prezzo più basso. Oggi guida rigidamente macchine cinesi, spesso SUV ingombranti come trattori che guida pure alla velocità di un trattore, cioè raramente sopra i 30 km/h. Veramente il cucciolo di redneck guida minuscole utilitarie settate da rally tipo Peugeot 105, sempre a tutta manetta rispettando solo due regole: mai rallentare in paese e mai mettere una freccia prima di curvare. Ma quando raggiunge l'età adulta anche lui toglie il piede dall'acceleratore e si mette a guidare osservando i campi ai bordi della strada come se fosse in bicicletta. Bicicletta che peraltro il redneck autentico schifa nel modo più assoluto. Il redneck non toglie mai il culo dal sedile dell'auto a meno di appoggiarlo su quello del Massey Ferguson, ma mai e poi mai lo appoggerebbe sul sellino della bicicletta che era l'unico mezzo di trasporto del nonno povero. Il redneck arriva nella piazza del paese in auto, piazza che a nessun sindaco redneck verrebbe in mente di chiudere al traffico. Lascia il suv cinese con il motore diesel acceso di fianco al giornalaio per comprare il giornale locale, quello con la pagina dei morti, e poi riparte rigorosamente in auto per raggiungere il caffè a una distanza di trenta metri.
Al contrario il country snobba l'auto. Adora usarla per caricare qualche cosa di voluminoso nel bagagliaio, il massimo è la raccolta differenziata per la discarica, ma il country adora la bicicletta, magari non quella nera del nonno del redneck ma una color verde acqua della Bianchi o una bici da corsa o meglio ancora una mountain bike. Al country piace andare in bicicletta al paese distante cinque chilometri per comprare il pane, e colpirebbe con un bazooka i suv cinesi parcheggiati in paese lungo il bordo della strada.
Nalla campagna sono persino apparsi, sia pur nei posti più scomodi e improbabili, anche i bidoni della raccolta differenziata. Quello blu della plastica, il giallo della carta e quello marrone del vetro, ma mai tutti e tre assieme, solo due alla volta. Puoi mettere carta e plastica, ma per il vetro devi fare ancora un paio di chilometri; oppure vetro e carta, ma di plastica non se ne parla. La regola è mai tutta la differenziata assieme; tanto il redneck non la userebbe comunque. Il redneck si serve solo del bidone nero dell'indifferenziata, raccogliendo la pattumiera rigorosamente in sacchetti di plastica che da quando sono fuori legge acquista sottobanco dal droghiere. A volte lascia dei cartoni voluminosi ai piedi del raccoglitore della carta, ma mai dentro e soprattutto mai e poi mai userebbe il bidoncino della frazione umida, che gli ricorda troppo dolorosamente quando il nonno buttava l'immondizia sul mucchio del letame (allora la carta non si buttava e la plastica era di la da venire). In campagna sono apparse anche le isole ecologiche, cioè le discariche, ma sono frequentate solo dalle station del country. Le lavatrici arrugginite il redneck le lancia in certe scarpate appositamente segnalate da cartelli con la scritta "vietato gettare i rifiuti".
Il redneck una volta abitava in casette coloniche scomparse o vendute al country per il restauro. In proprio ha provveduto prima a sostituire i poco pratici serramenti in legno colorati in calde tinte verdi con cornici in ottone che resiste meglio agli spifferi, poi ha acquistato una villetta a schiera costruita sulla collinetta erbosa. La collinetta avvolge una cantina dove la famiglia del redneck vive come gli hobbit, mentre la casa che spunta da sopra come un fungo funge da mausoleo per i posteri. In campagna sopravvivono ancora negozietti familiari dove vendono merce a chilometri zero, ma come gli animali selvatici vengono mano a mano costretti a migrare verso la spopolata montagna per essere sostituiti dai piccoli supermercati in franchising dove si preparano i formaggi ed i salumi sottovuoto per i turisti di Milano. Anche se il sogno nel cassetto di ogni giunta comunale redneck è un vero centro commerciale come nelle periferie della città, un ipercoop con tanto di parcheggio asfaltato e carrelli all'esterno. Dove abito io, in un angolo di paradiso terrestre fra la Val Trebbia e la Val Luretta, la giunta ha già deliberato per due volte la costruzione di un simile ecomostro al posto di deprimenti campi coltivati e boschetti, e solo il veto della regione ha impedito che le ruspe si mettessero davvero al lavoro. Maledetti verdi, sempre contrari ad ogni progresso.
Sentivo due anziani redneck chiacchierare all'osteria, sui vantaggi dei viadotti che permettono di sorvolare gli Appennini senza nemmeno vederli per arrivare al mare in auto in sessanta minuti. Loro a Genova ci erano stati al massimo per il servizio militare, ma erano entusiasti del fatto che asfaltassero delle strade e raddrizzassero delle curve per arrivare il prima possibile evitando "il viaggio".
Il redneck non ama la campagna, ne ha le palle piene. Il suo sogno è trasferirsi nel centro residenziale alla periferia della città, quello che non è servito che da un autobus all'ora ma a lui non importa tanto si sposterebbe comunque in auto cercando parcheggio lungo i marciapiedi ai confini della ztl. Mentre il cittadino si trasferisce in campagna a fare il country ed il centro storico viene occupato dagli emigrati sudamericani.
Sia il country che il redneck posseggono un cane. Dalla razza del cane country puoi capire quanti anni ha. All'inizio il country aveva un pastore tedesco, poi per un fuggevole attimo è stata la volta del dalmata, subito sostituito dal labrador color champagne, a lungo il vero cane country per eccellenza. Poi il beagle, il jack russell, che però scava i buchi nel giardino e scappa, e ora è piuttosto di moda adottare un cagnolino del canile. Il punto di ritrovo del country cinofilo è il poliambulatorio veterinario il sabato mattina. Per il redneck il cane è rigorosamente un bracco da caccia che vive in un recinto oppure un meticcio da pagliaio che vive alla catena. Se in campagna capita di imbattersi in un doberman o un dogo, è del turista. Perché qui in campagna il redneck ed il country non sono le uniche specie umane, ma ci vive anche il turista, specie d'estate e nel week-end. È milanese, frequenta bar approntati appositamente che si distinguono dall'osteria per la lavagnetta all'esterno con la scritta happy hour, e fa la spesa in spacci alimentari dove preparano il cibo in buste sotto vuoto. Ama la campagna, il golf e la piscina del bed & breakfast.

1 commento:

red ha detto...

Immaginiamo che il country sia anche uno stato d'animo.
Cioè che ci sia qualcuno che non può fisicamente andare a vivere in campagna, ma che cerca di vivere la sua città di medie dimensioni negli orari dove diventa simile alla campagna.
La domenica mattina presto, ad esempio, o la sera dei giorni feriali, o a ferragosto.
Immaginiamo che questa persona però lavori lontano da casa, debba fare un sacco di km al giorno, e che quindi questo spirito country sia maledettamente frustrato da pranzi consumati all'autogrill o nei centri commerciali, da riti ridicoli come riunioni di lavoro dove vengono dette in percentuali variabili ovvietà e falsità, ma mai verità o cose intelligenti.
Immaginiamo anche che questo omino abbia comunque conosciuto delle belle persone, che gli hanno fatto capire che non si può vivere sempre basando le proprie azioni pensando alle conseguenze, ma qualche volta si può anche dare retta al cuore e non solo alla testa.
E il cuore dice, anzi urla: "al diavolo il lavoro, al diavolo i 10 anni che Monti ti ha dato da lavorare, se sei un uomo datti da fare diversamente, hai un'esperienza di 30 anni qualcosa potrai fare senza abbruttirti così! Dai retta alle tue passioni!"
Già, immagina, come dice George Clooney in qualche pubblicità.
Caro Blue, l'erba del vicino è sempre più verde, ma non sai come invidio il tuo essere country.