martedì 18 gennaio 2011

tomorrow never knows


Dove soffierà il vento domani nessuno lo sa
dove andrà il tuo dolce sorriso domani nessuno lo sa...
(bruce springsteen)

Il tempo corre rapido, e le cose cambiano. Non dovremmo affezionarci troppo alle cose, per adattarci meglio al nuovo che avanza. Dovremmo vivere senza memoria, come gli esseri viventi più elementari, oppure crogiolarci nei ricordi che custodiamo gelosamente nello scrigno del nostro cuore? Oppure dovremmo essere un po’ cinici, come quelli che dicono che il bello è nel cambiamento, o peggio come quelli che alla felicità neanche ci puntano?
Ci sono stati momenti nella mia vita in cui ho avuto un’epifania, un istante di lucida consapevolezza della precarietà del presente; in cui ho pensato: “il presente non esiste, è un’illusione…”. Forse accade nei momenti in cui per un attimo le cose sembrano essere perfette, ma forse nemmeno.
Mi affacciavo ai trent’anni, stavo passeggiando con l’amato Reif, il mio cane lupo, in una tiepida serata di primavera. Mentre mi sembra di essere felice un lampo di consapevolezza mi attraversa la mente: “sono giovane, Reif è vivo, i miei genitori sono vivi, amo la mia fidanzata. Arriverà necessariamente il momento in cui tutto questo non sarà più vero”.
Dissolvenza al bianco. Nuova scena. Lungo Ticino, darsena del Naviglio Grande. Sono abbracciato alla donna che amo (non è la stessa di prima), guardiamo assieme il cielo che si fa rosso. È una scena bucolica: c’è un pescatore, una barchetta, i rumori della città sono lontani, attutiti. Mi appare in sottotitolo la scritta: “quanti tramonti vedrò ancora abbracciato? Cento, dieci, uno?” Se ci pensi, alla fine quante volte ti è successo in passato? Dissolvenza. Sto passeggiando in un centro città affollato ed addobbato per le feste natalizie, in mezzo ad una folla in cerca di regali; sto preparandomi per il Natale in famiglia. Improvvisamente mi domando: “e se il Natale in famiglia dovesse finire? Se mi ritrovassi da solo a viverlo in un appartamento vuoto? O in un appartamento nuovo, un'altra casa?” (evidentemente il subcosciente stava cercando di farmi interpretare segnali evidenti che preferivo ignorare).

C’è un posto dove finiscono le cose perdute?

PS: (ri)leggi anche: l'isola che non c'è...

6 commenti:

Blue Bottazzi ha detto...

certo, se il passato è un inganno, allora è meglio il futuro. Ma la domanda è: il presente, esiste?

red ha detto...

Carpe diem...

Anonimo ha detto...

ho scoperto, diciamo, per caso il tuo blog, mi ha subito attratta la grafica, sapessi... quel faro è per me molto importante....
Desidero farti i complimenti per quello che scrivi e per come lo scrivi,nei tuoi pensieri trovo spesso i miei...

Blue Bottazzi ha detto...

grazie. Lo apprezzo.

red ha detto...

Devo una spiegazione al mio troppo sintetico "carpe diem".
Quando ero piccolo (non tanto piccolo, diciamo verso i 12-13 anni) ero convinto che la vita fosse un sogno.
Intendo dire in senso letterale, cioè che noi tutti eravamo la proiezione onirica (si dice?) di qualcuno o qualcosa, in pratica dei personaggi di fantasia.
Una specie di Truman Show al contrario.
Forse era un modo di fuggire alle prime responsabilità adolescenziali, chissà.
Poi anch'io ho immaginato, e immagino ancora, scenari di vita quotidiana come quelli che tu hai così bene descritto nel post, e mi sono visto a passare dei momenti diversi da quelli che finora (belli o brutti) avevo vissuto.
E inevitabilmente mi rispondo che è meglio godere del momento, carpe diem, appunto.
Oppure, parafrasando un altro poeta "del doman non v'è certezza".
Un altro modo di fuggire le responsabilità, questa volta da adulto?
O al contrario un modo intelligente di prendere atto che il futuro in buona parte non dipende da noi?
Chissà...

ste ha detto...

ci sono dei momenti di incisiva lucidità in cui ci rendiamo conto di come tutto ciò che ci circonda sia una banale messa in scena, per uno spettacolo che accelera sempre di più, scaraventandoci addosso i giorni che passano...

tutto scorre veloce, gioie e dolori non rappresentano più nulla, solo un passatempo della nostra (in)coscienza.

l'inarrivabile fede nel futuro dei nostri primi anni crolla davanti all'inevitabile della vita, la lucidità ci smorza il sorriso...

e allora ce ne torniamo tranquilli alle nostre piccole cose.