giovedì 24 dicembre 2009

snow


“Quella mattina lo svegliò il silenzio… aperse la finestra: la città non c’era più, era stata sostituita da un foglio bianco”. “Andò a lavorare a piedi; i tram erano fermi per la neve. Per strada, aprendosi lui stesso la sua pista, si sentì libero come non s’era mai sentito. Nelle vie cittadine ogni differenza tra marciapiedi e carreggiata era scomparsa, veicoli non ne potevano passare, e Marcovaldo, anche se affondava fino a mezza gamba ad ogni passo e si sentiva infiltrare la neve nelle calze, era diventato padrone di camminare in mezzo alla strada, di calpestare le aiuole, d’attraversare fuori delle linee prescritte, di avanzare a zig-zag. La città nascosta sotto quel mantello chissà se era sempre la stessa o se nella notte l’avevano cambiata con un’altra? Chissà se sotto quei monticelli bianchi c’erano ancora le pompe della benzina, le edicole, le fermate dei tram o se non c’erano che sacchi e sacchi di neve?” (da Marcovaldo, di Italo Calvino)

Venerdì è stata una bellissima nevicata. Una vera, grande nevicata è quanto di più efficace per riavvicinare l'uomo al suo vero io, almeno altrettanto quanto riesce a mettere in crisi la sghemba società industriale in cui ci siamo imprigionati.
Caso ha voluto che proprio la stessa sera in cui ha preso a nevicare anziché andare a dormire con le galline io avessi programmato di uscire con una rappresentanza degli amici che avevo da scapolo; il che mi ha permesso di assistere allo spettacolo incantato del paesaggio notturno imbiancato dalla neve mentre i fiocchi illuminati dalla luce dei lampioni cadevano larghi e fitti. Roba da voler camminare nella neve fino a rimanere intirizziti…
La mattina dopo in città bambini vestiti alla meglio da piccoli sciatori con l’abbigliamento dell’inverno precedente, accompagnati soprattutto dai papà - a casa dal lavoro perché era sabato - sciamavano sulla coltre bianca verso una discesa dietro il Pubblico Passeggio, improvvisata e gratuita pista dove slittini di ogni forma e colore, dalla padella al bob olimpionico, disegnavano le tracce delle discese.
I papà si presentavano e chiacchieravano, i bambini si sfidavano, qualcuno rotolava, faceva a pallate o provava ad organizzare un uomo di neve.
Niente televisione, niente videogames, niente abbonamenti per impianti di risalita, niente centri commerciali, niente marketing. Nessuno vendeva e nessuno comprava. Solo un po' di neve, sole, freddo, discese, capitomboli, sorrisi e piccole grida.
Più tardi, a chi tiene accesa la tv, i tg avrebbero raccontato con voce affranta di un’emergenza gelo, un’emergenza neve, un’emergenza ferrovie (dimenticandosi comunque dell’emergenza mal governo). A me invece la neve piace ancora.

3 commenti:

Simone Cavatorta ha detto...

Ho diversi bei ricordi legati alla neve, ma uno in particolare.
Io e mia moglie (allora mia ragazza, ci eravamo appena messi insieme), con un paio di amici, che facciamo un grande pupazzo di neve alle quattro del mattino in una rotonda spartitraffico, mentre intorno c'è un paesaggio tipo quello descritto da Calvino, con la neve immacolata e la città tutta per noi.

ste ha detto...

la neve, una gomma da cancellare che per un attimo,. sino al disgelo, cancella questo mondo in affanno...

Anonimo ha detto...

Danza la falda bianca,
nell'ampio ciel scherzosa,
poi sul terren si posa
stanca