venerdì 6 dicembre 2013
Blue Jasmine Woody Allen
La cose, si sa, cambiano, e da un certo punto in avanti hanno la tendenza a cambiare in peggio, se è vero che la gente passa la maggior parte del proprio tempo a rimpiangere gli happy days, quando era giovane e faceva chissà cosa. Per questo è bello attaccarsi alle abitudine rimaste. Un disco di Bob Dylan, un concerto degli Stones sono echi di un tempo che va ad esaurirsi. La stessa cosa vale per i film di Woody Allen. È da Manhattan in avanti che consumo il rito di "andare al cinema a vedere" il film nuovo di Allen.
È confortante che abbia potuto rinnovare l'abitudine anche ieri sera. Nonostante vada per gli ottanta (anni) il registra newyorchese è ancora spesso capace di sorprendermi. Se "Basta che funzioni" mi aveva irritato, "Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni" era gradevole e "Midnight In Paris" addirittura è uno dei miei preferiti. Lo scorso anno "To Rome With Love" era proprio brutto e rancoroso, come se Allen avesse voluto fare un dispetto alla città (ma cosa gli avranno fatto gli italiani?), "Blue Jasmine" mi è piaciuto. Tanto che all'uscita dal cinema, ed ancora quest'oggi, mi ritornavano alla mente i suoi personaggi, come sempre succede quando un film ha un suo peso specifico.
Come sempre la parte buona del film di Allen è il fatto che racconta storie di persone. Mentre tutto il resto del cinema di Hollywood è diventato una sottocultura tutta basato su fumetti, effetti speciali, storie di omicidi, rapine, fantascienza ed assurdità al cui confronto le soap opera sono letteratura.
Come sempre bella l'ambientazione (questa volta San Francisco) e belli i personaggi. A differenza della sua abitudine Allen non ci concede il lieto fine ed invece di chiudersi sui consueti toni lievi, buffi e speranzosi ci lascia invece con un'amarezza in bocca.
A parte la morale più elementare (i buoni vincono ed i cattivi perdono) è difficile tracciare la simbologia del nuovo film come non è evidente prevederne il finale, tanto che questa storia di ricchi infelici e poveri contenti lascia con la domanda se Allen non ci stia in realtà raccontando una vicenda che conosce. Nessun personaggio è veramente del tutto positivo o negativo ed ognuno (o quasi) ha se non le sue giustificazioni almeno le sue motivazioni. Forse gli unici due personaggi ingiustificabili sono... no, non posso svelarvelo (uno è il dentista, l'altro il diplomatico alla ricerca di una first lady da presentare in pubblico).
Allen ha dichiarato che non intende smettere di fare film fino alla fine della sua vita, e mi (e gli) auguro che sia davvero così il più a lungo possibile, visto che i risultati non gli mancano.
Ma è inevitabile pensare che ad una certa età ogni lavoro potrebbe essere l'ultimo e sarebbe allora lecito sperare in un gran finale, un'opera conclusiva che faccia da testamento spirituale, una sorta di amarcord. Anche se già sappiamo che raramente è così (penso a Lou Reed, che se ne è andato con un disco così debole come Lulu, ma in effetti sono tanti i capolavori da riascoltare che possiamo ben dichiararci comunque soddisfatti).
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