“Once I dreamed we were together again, baby you and me
Back home in those old clubs the way we used to be
We were standin' at the bar it was hard to hear
The band was playin' loud and you were shoutin' somethin' in my ear
You pulled my jacket off and as the drummer counted four
You grabbed my hand and pulled me out on the floor
You just stood there and held me, then you started dancin' slow
And as I pulled you tighter I swore I'd never let you go”
"Oggi ho imparato a volare
e non me ne voglio più dimenticare
da tutti i miei amici in visita andrò
e alle loro finestre io busserò
e dirò guarda ho imparato a volare "
Da bambino facevo sogni incredibili. Sogni in 4D. Nel senso che nei miei sogni avvertivo sensazioni realistiche come il calore della luce del sole o il suo profumo, sensazioni di cui conservo un vivido ricordo ancora oggi. Facevo sogni iperrealisti, in cui le sensazioni erano più vere del vero, i campi più verdi, il cielo più blu, le persone più reali e sincere.
Forse mi capitava perché ero un dormiglione, e si sa che i sogni più reali sono quelli della tarda mattinata. Ricordo che avevo persino catalogato il tipo dei sogni a seconda dell'ora in cui si lasciano sognare: appena addormentato arrivano i sogni surreali, alle 3 del mattino quelli bui e gli incubi, e nella mattinata quelli pieni di persone e di posti fantastici.
Da bambino sognare mi piaceva così tanto che credevo di aver codificato dei metodi per aiutare a scegliere il sogno desiderato (il metodo era pensare al soggetto al momento di dormire, ma solo per pochi attimi, quasi per non esaurirlo); e mi piaceva accorgermi di sognare durante il sogno (si chiama sogno lucido) per potermi muovere a piacere al suo interno. Mi domandavo, allora, se esistesse un mondo nei miei sogni, se ciò che sognavo fosse dotato di vita autonoma, oppure se fosse un'illusione e nel momento in cui giravo le spalle gli oggetti e le persone sparissero… Facevo sogni così belli che cercavo anche di riprenderne il filo nel caso mi svegliassi, e mi cullavo nel loro ricordo anche da sveglio, nella giornata.
Avevo ambientazioni ricorrenti, per esempio città imponenti; oppure sogni ricorrenti, come un incubo in cui l'ascensore che dopo aver pigiato il tasto invece di salire partiva verso il sottosuolo, e sapevo che le porte si sarebbero aperte nell'oscurità totale della cantina (molte volte da bambino ho avuto questo incubo, che per fortuna terminava puntualmente all’affacciarsi nel buio).
Il più bello fra i miei sogni ricorrenti era, anzi è, quello di volare. Nel sogno lo vivevo come una scoperta naturale, quasi una ri-scoperta di una facoltà naturale che per qualche motivo avevo scordato, a cui il tran tran quotidiano aveva impedito di pensare; ed il volare si associava sempre, ogni volta, con la massima felicità, addirittura il fondo scala della felicità! Deve essere per questo che nel Peter Pan letterario per volare era ingrediente necessario un pensiero felice. Nei sogni volo esattamente come fa Peter Pan, senza bisogno di battere le braccia ma semplicemente portandomi verso l'alto come se a sollevarmi fosse la materia della mia anima. Esco dalla finestra e oltrepasso i tetti delle case che mi sono familiari, quelle della mia città, che viste da questa prospettiva sembrano bellissime. Volo sui tetti e sopra le vie, ed arrivo ad oltrepassare un muro, oppure una collina, oltre il quale c'è un giardino, un giardino in cui sono totalmente felice, un giardino che in qualche modo coincide con un giardino di suore con grandi alberi che in qualche modo vedevo, o intuivo, dal balcone di casa mia da adolescente. La cifra ricorrente del mio sogno di volare è la felicità completa e la consapevolezza che ne sono capace da sempre e che d'ora in avanti non mi muoverò più camminando ma solo volando. Il risveglio da questo sogno è sempre un atterraggio così brusco ed una delusione così cocente che passo la giornata a rievocarne i particolari quasi a volerci rientrare a forza.
Da bimbo sognavo molto, ed un caldo raggio di sole sulla pelle riusciva ad entrare nel mio sogno per farne parte. Ma proseguii a sognare con grande piacere anche da ragazzo. Da adolescente mi capitava di sognare la ragazza della mia cotta a scuola, e magari di baciarla, per la mia delusione al risveglio (al liceo ero piuttosto imbranato nei rapporti con le ragazze... e comunque i miei sogni erotici erano interrotti regolarmente sul più bello dal risveglio).
Si dice che se sogni di essere innamorato di una persona, ne rimani sensibile per giorni; più di recente mi capitò il contrario: una ragazza mi raccontò di aver sognato di fare l'amore con me, e che era stato straordinario. Con che coraggio avrei potuto farlo davvero nella realtà e confrontarmi con il super-me onirico rischiando di deluderla in quel ricordo virtuale?
Anche da più "grandicello" mi è capitato spesso di sognare il mio primo amore; nel sogno ogni volta chiarivamo i motivi che ci avevano portato a lasciarci e tornavamo felici come mai... Ho sognato, come immagino tutti, di parlare al nonno che non c'è più, o di accarezzare Reif, amatissimo pastore tedesco cresciuto con me ma inevitabilmente scomparso prima... tutti sogni pieni di sole e di felicità.
Poi, un giorno, deve essere successo che ho smesso di sognare; o almeno ho smesso di sognare emozioni e colori. Oggi non saprei dire se di notte io sogni ancora: di certo se lo faccio sono sogni sbiaditi, grigi, faticosi, sgradevoli, senza molto senso, e li dimentico appena inghiottito dalla realtà del risveglio.
Insomma, per qualche motivo ho smarrito la chiave dell’ingresso del mondo dei sogni.
Fatte queste premesse non c’è da stupirsi che iscritto di fresco a Medicina fossi molto interessato alla neuro-fisiologia. Entrai nell'istituto da studente interno, con un grande interesse sull'attività onirica: in un primo momento mi chiedevo se fosse possibile ideare un metodo per "filmare" i sogni. In ogni caso volevo capire perché si sognasse. Per quanto possa sembrare strano, non si ha un'idea precisa nemmeno del perché noi si dorma. Gli esseri viventi più elementari non dormono: il dormire non compare fino ad un certo livello evolutivo, quando il cervello si fa complesso e dotato di corteccia cerebrale, che è il luogo della consapevolezza e del pensiero. Nemmeno si dorme per riposare il corpo, come il buon senso parrebbe suggerire: se rimanessimo sdraiati tutta la notte senza muoverci, al mattino saremmo comunque distrutti dalla fatica e dal sonno.
Quel che è certo è che si dorme per sognare, e durante il sogno il nostro cervello non riposa affatto, ma anzi ha una attività intensissima. Ai miei tempi la spiegazione ufficiale del sogno era che servisse per travasare i ricordi dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine: una specie di sbobinamento dell'esperienza diurna, forse per scegliere che cosa abbia importanza ricordare. Al momento mi parve una spiegazione accettabile, ma oggi mi domando perché mai dovremmo rivedere la nostra giornata sotto metafora invece che in chiaro.
Lasciato l'istituto, continuai a baloccarmi nel mio interesse per il mondo dei sogni nella letteratura (già da bambino avevo letto un libro che ricordo ancora:
“l’omino che fermava i sogni”) e nel cinema, in quei rari film che hanno un contenuto fortemente onirico, come l’amato
Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick. Ci ho ripensato di recente rivedendo uno splendido film che ha avuto scarso successo di pubblico, specie in Italia - forse anche a causa del titolo. Il film è
Eternal sunshine of the spotless mind, una suggestiva storia sulla possibilità di cancellare i ricordi, che si svolge all'interno del sogno di un amante deluso che si affanna a mettere al riparo i propri ricordi che scioccamente aveva desiderato cancellare.
Perdere i ricordi di quello che abbiamo vissuto, anche dei momenti brutti, sarebbe come non aver vissuto affatto.