Un minuto fa avevo le finestre aperte
e c’era il sole. Tiepide brezze
attraversavano la stanza.
(L’ho scritto anche in una lettera.)
Poi, sotto i miei occhi, si è fatto buio.
Il mare ha cominciato a incresparsi
e le barche da diporto che erano a pesca
hanno virato e sono rientrate, una flottiglia.
Il tintinnabolo sotto al portico è caduto
di colpo sotto una raffica. le cime degli alberi
tremavano. Il tubo della stufa cigolava e sbatteva
trattenuto dai tiranti.
Ho detto: Una forgia e una falce”.
Certe volte parlo da solo, così.
Nomino certe cose:
argano, gomna limo, foglia fornace.
Il tuo volto, la tua bocca, le tue spalle
ora sono per me inconcepibili!
Che fine hanno fatto? E’come se
li avessi sognati. I sassi che abbiamo portato
a casa dalla spiaggia se ne stanno lì
sul davanzale a raffreddarsi.
Torna a casa. Mi senti?
I miei polmoni sono pieni del fumo
della tua assenza.
(Raymond Carver)
martedì 30 maggio 2017
Nirvana
Evan Williams, co-fondatore di Twitter, ha dichiarato al New York Times: “Pensavo che quando ad ognuno fosse stato possibile esprimersi liberamente e scambiare idee ed informazioni il mondo sarebbe diventato automaticamente un posto migliore. Mi sbagliavo”.
Nelle sue parole mi sono specchiato. Quando negli anni ottanta abbiamo scoperto il computer personale, eravamo sicuri che avremmo migliorato il mondo. “Ruote per la mente” era il motto di Apple Macintosh. Fu Steve Jobs, il profeta del XX secolo, a dire: “La TV spegne la mente, il computer la accende”.
Una volta la TV non era un posto cattivo. La gente era ignorante quanto lo è oggi, ma gli standard della TV erano elevati. C’erano film di qualità, c’erano sceneggiati memorabili, c’era Bandiera Gialla (o come si chiamava), c’erano i programmi di Renzo Arbore…
Poi è arrivata la pubblicità.
La pubblicità è la mano sinistra del capitalismo, è il male assoluto. Addio “Non è mai troppo tardi”: la pubblicità corteggia l’ignoranza, la fomenta, la nutre, perché è l’ignoranza la benzina del consumo. La pubblicità esalta i clic, la massa, il popolo bue. La pubblicità vuole che la gente sia orgogliosa della propria ignoranza, che dileggi la conoscenza e la cultura, che ne provi addirittura diffidenza.
Un manipolo di indomabili, negli anni novanta siamo fuggiti dalla TV per rifugiarci sulla rete. Era un buon posto: la condivisione della conoscenza, la comunicazione, liste di discussioni con persone colte e preziose. Poi, come l’anima nera dietro il nulla che mangia il mondo, la pubblicità ci ha raggiunto anche sul web. Il web 2.0, l’hanno battezzato. E ha reso la rete un posto maleodorante, dove si naviga fra spazzatura, falsità, opinioni, frastuono, ignoranza ed arroganza.
Abbiamo scoperto - dolorosamente - che non è parlando tutti che si arriva alla verità. Che la democrazia non è (ancora) la soluzione definitiva a tutti i problemi.
Leggo che sotto il web esiste un deep web oscuro. Non potremmo avere anche un Alto Web, luminoso, un posto dove la pubblicità non è permessa, dove le pagine sono pulite, dove le persone sono migliori? Non per tutti, per carità, un giardinetto per la sparuta minoranza che non smette di credere.
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