sabato 25 maggio 2019
ho visto cose...
Ciascuno di noi si sente in qualche modo legato ad un proprio nucleo familiare. Alle madre, ovviamente, ed al padre, al ricordo dei nonni, dello zio Mario. La nostra famiglia. I più vanitosi si spingono a ricercarne le origini indietro di generazioni, per ostentare lombi nobili ed esibire origini centenarie.
Ho una notizia per voi.
La vostra famiglia, che è la nostra famiglia, ha 4.000.000.000 di anni. I nostri avi, i tuoi avi, tanto sono antichi. La cosa bella è che noi ne abbiamo memoria, la memoria genetica. Il che sta a significare in qualche modo che quegli avi siamo, o siamo stati, noi stessi. Highlander di quattro miliardi di anni.
Contadini romani, o forse legionari, o magari patrizi: noi lo siamo stati. Ma ancora prima, eravamo pastori etruschi. E prima di quello, si viveva in Asia o in Africa.
Quando ti senti sopraffare dalla vista della maestosità del Sahara, beh, non è la prima volta che tu lo vedi.
Molto a lungo abbiamo vagato nella palude della preistoria. Ogni volta che una giornata assolata di primavera ci inebria con il suo profumo, o un temporale ci intimorisce e ci suggerisce di restare a casa a poltrire sul divano, noi ricordiamo i ricordi di quella lontana vita vissuta.
Siamo stati Sapiens, ma prima ancora Erectus, e - già ce lo hanno detto - anche una scimmia su un ramo. Abbiamo vivi dentro di noi i ricordi di quella scimmia, quando al mattino al bar non sappiamo resistere ad una dolce brioche o quando sobbalziamo perché ci pare di aver scorto un serpente.
Ma siamo stati ben altro prima di quella scimmia, e lo ricordiamo bene. Un piccolo mammifero atterrito che cerca di farsi invisibile fra le radici, tentando di non farsi annusare da un raptor. Noi abbiamo visto il mondo attraverso i suoi occhi: Jurassic Park non ci ha mostrato nulla che non avessimo già visto.
Persino quel serpente che ci ha atterrito: ebbene sì, tu stesso sei stato un rettile, e ne porti la memoria. Le tue pupille non erano tonde, e strisciavi pigro e inconsapevole alla ricerca di un raggio di sole per riscaldarti.
Quell’atavico giorno di pioggia in cui uno strano pesce ha compiuto i primi centimetri sulla battigia, eri lì.
E dunque, ancora prima, si nuotava nel vasto oceano, persino prima della deriva dei continenti, ai tempi della Pangea. Non vi riesce di mettere a fuoco un ricordo tanto lontano, ma chissà, forse mentre scendete pochi metri sotto la superficie dell’acqua tiepida illuminata dai raggi del sole, un solletico profondo alla radice della vostra mente rievoca una sensazione antica.
Eri vivo molto prima di possedere una spina dorsale e prima di avere una mente.
Sei stato addirittura un microscopico batterio monocellulare, di quelli che stermini quando chiedi al dottore la ricetta dell’Augmentin. Era il nonno, eri tu.
E quel giorno glorioso di bufera, di tempesta e fulmini che qualche proteina, qualche aminoacido si è raggrumato per prendere vita, quel giorno voi c’eravate. Perché quel giorno voi siete nati. Prima non si esisteva. Da quel giorno, sì.
martedì 23 aprile 2019
il mio gemello
Nei suoi romanzi, lo scrittore Sandrone Dazieri racconta di un investigatore, il Gorilla, che soffre di una singolare forma di personalità multipla: quando si addormenta, si risveglia il suo alter ego, il Socio. I due condividono lo stesso corpo, ma sono due persone differenti, con due diversi caratteri, e destinate a non incontrarsi mai. Quando ancora faceva buoni film, la parte del Gorilla è stata recitata al cinema da Claudio Bisio, ne La Cura del Gorilla.
Anche Corrado Guzzanti ha raccontato una storia di personalità multiple nella serie TV Dov’è Mario, il doppio di uno scrittore elegant chic in declino che nel sonno si trasforma in Bizio Capocetti, comico coatto romano volgare e senza scrupoli.
Nel mio piccolo, anch’io ho un gemello. Un serio professionista, uno stimato medico. L’ “altro” è Blue, cronista rock, motociclista, ribelle romantico.
A differenza del Gorilla, però, i due gemelli non possono approfittare del sonno l’uno dell’altro ma condividono lo stesso tempo. Così ognuno consuma un po’ della vita dell’altro.
Il dottore è quello che paga i conti e mantieni entrambi, così tende ad avere un diritto di priorità sul tempo. Blue scrive, viaggia, ascolta musica, ma solo nel tempo libero del medico.
Gli anni passano, il tramonto è ormai più vicino dell’alba, e Blue scalpita: c’è ancora molto da vedere e molto da scrivere, ma sempre meno tempo per farlo.
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