sabato 8 giugno 2013
il mattino ha l'oro in bocca
Scrivo. Mi spingo ad affermare di essere in dirittura finale, se non fosse che è un rettilineo molto molto lungo, ed anche un po' in salita... un falso-piano insomma.
Scrivevo di musica alla fine degli anni '70 ed all'inizio degli '80, soprattutto su Il Mucchio Selvaggio di Max Stéfani, allora la più autorevole rivista italiana di musica rock. Ho scritto nei '90 per Feedback, un'ottima rivista con Marco Denti e Mauro Zambellini che non ricorda nessuno perché è vissuta "solo un giorno, come le rose". Sono stato uno dei primi autori ad approfittare del web, dal 1986 con un sito dal nome di Texas Tears on line, fino all'attuale BEAT blog, che mi ha dato soddisfazioni come seguito di lettori, ma che "professionalmente" non porta nessun guadagno in tasca - e come è noto non si vive di sole soddisfazioni. Un'appendice a BEAT è infine arrivata su FaceBook, che ha rimpiazzato il vecchio sistema dei commenti del blog.
Da un anno a questa parte mi è piaciuto tornare anche ai "vecchi" media, vale a dire alla carta stampata, grazie anche alla collaborazione con Eleonora Bagarotti. Per ora si tratta della parte musicale della rivista SUONO, storica testata di hi-fi da molti decenni (ci avevo già collaborato quando la rubrica musicale si chiamava Music Box). A Giugno si aprirà poi una nuova avventura, sotto forma di una rivista in parte su carta ed in parte elettronica, che rappresenta una bella scommessa di questi tempi in cui leggere non pare essere più una necessità.
Ma la mia personale priorità è diventata quella dei libri. Probabilmente per il desiderio nato con gli anni di lasciare una testimonianza un po' più solida, perché se "verba volant, scripta manent" un po' volatili sono anche le parole che pubblichiamo sui giornali... who wants yesterday papers, cantavano gli Stones, nobody in the world...
Di questi libri sono vicino al traguardo del primo, che è di gran lunga il più corposo. Il titolo non lo posso ancora rivelare, ma si tratta alla fin fine di una storia del rock, o meglio della mia testimonianza alla storia della musica e della cultura della mia generazione. Niente di palloso né di enciclopedico: mi è piaciuto dare un taglio un po' cinematografico a questa storia, o a queste storie. Di romanzarlo un po' il rock, insomma. Certo c'è un sacco da raccontare perché di musica ne è stata suonata dal 1954 al 2013.
La prima stesura è finita, sono al secondo passaggio, quello che tappa i buchi che avevo lasciato (una groviera), e seguirà la correzione definitiva.
A lavoro terminato l'idea è infine di non cercarmi un editore ma di autopubblicarmi (al plurale, perché è parte dell'impresa anche Eleonora Bagarotti, che ha già stampato in modo tradizionale ben otto libri di musica rock). Un'idea un po' scomoda quella della pubblicazione autarchica(o indie), ma di questi tempi percorribile. Certo, consegnare il manoscritto finito all'editore è più comodo e segna il momento conclusivo di un lavoro, gratificato persino da un modesto anticipo, mentre autoprodursi è solo l'inizio di un secondo lavoro con tante incognite, ma mantenere il controllo totale sul proprio libro mi sembra un vantaggio per cui valga la pena di sforzarsi.
Abbiano poi trovato un nome così bello alle edizioni (che saranno sia in e-book che su carta, magari non distribuite in tutte le librerie ma solo in alcune selezionate) che varrebbe la pena di provarci solo per quello.
Il libro sulla "storia del rock" è solo il primo di quattro progetti in cantiere, tutti in fase avanzata di preparazione, come pure in dirittura finale è il romanzo di Eleonora (di cui non vedo l'ora di poter svelare l'intrigante titolo) che ha in fila altre due cose: un libro sul rock femminile (inteso come artiste ma anche come donne che hanno gravitato attorno ai musicisti)e la riedizione, riscritta e ampliata, del suo Diario di una Groupie.
I miei libri successivi saranno: una raccolta più lieve di storie sul rock, spesso più dalla parte dell'ascoltatore che da quella del musicista. L'idea mi è venuta leggendo Alta Fedeltà di Nick Hornby, mentre stavo riflettendo sulla misera audience dei libri rock e sulle deboli prospettive di vendita. Alta Fedeltà è stato un best-seller, sia pure più all'estero che in Italia, per cui: "se lo ha fatto lui, perché non posso io?". Se non crediamo noi nei nostri mezzi, chi lo farà? Io sono il mio fan #1 ;-)
Seguirà una storia motociclistica (la mia altra passione), che odora di asfalto, di sterrato, di benzina ma anche di filosofia...
Da ultimo uno zoom all'indietro su tutto: Blue Motel, parole di una generazione di ex-giovani, non solo musica, non solo moto, ma anche tutto il resto, compresi, perché no, politica, amore, sesso...
Spero di essere in grado di rispettare i miei buoni propositi già dalla fine dell'estate, ma ora mi scuserete perché devo riprendere a scrivere. Non è facile quando non ci si può permettere di farne il proprio lavoro, ma la scrittura deve necessariamente prendere ogni ritaglio, strappando tempo al riposo, passeggiate, giri in moto e ronfate al sole sulla sdraio:
"il mattino ha l'oro in bocca
il mattino ha l'oro in bocca
il mattino ha l'oro in bocca
il mattino ha l'oro in bocca
il mattino ha l'oro in bocca
il mattino ha l'oro in bocca
il mattino ha l'oro in bocca
il mattino ha l'oro in bocca
il mattino ha l'oro in bocca
il mattino ha l'oro in bocca
il mattino ha l'oro in bocca
il mattino ha l'oro in bocca
il mattino ha l'oro in bocca
il mattino ha l'oro in bocca
il mattino ha l'oro in bocca
il mattino ha l'oro in bocca
il mattino ha l'oro in bocca
il mattino ha l'oro in bocca
il mattino ha l'oro in bocca..."
sabato 1 giugno 2013
Peter Pan
La luce era spenta e Wendy, seduta vicino al caminetto, stava rammentando vicino alla luce del fuoco. Mentre rammendava, sentì il canto del gallo. Poi la finestra si spalancò di colpo e, come tanti anni prima, Peter si posò sul pavimento.
Non era cambiato affatto, e Wendy si accorse subito che aveva ancora tutti i denti da latte. Lui era ancora un bambino e lei era ormai una donna. Wendy si rannicchiò tutta vicino al fuoco, senza avere il coraggio di muoversi, sentendosi smarrita e colpevole.
"Ciao Wendy" disse Peter, senza accorgersi di nulla, un po' perché pensava quasi sempre a se stesso, e un po' perché nella penombra l'abito bianco di Wendy poteva sembrare la camicia da notte in cui l'aveva vista la prima volta.
"Ciao Peter" rispose Wendy a voce bassa, facendosi più piccola possibile.
"E Gianni dov'è?" domandò Peter, accorgendosi all'improvviso che mancava il terzo letto.
"In questo momento Gianni non c'è" rispose lei trattenendo il respiro.
"Michele dorme?" chiese Peter con un'occhiata distratta al letto di Jane.
"Sì" rispose Wendy, e così dicendo sentì di essere sleale con Jane e con Peter.
"Quello non è Michele" rispose in fretta per tranquillizzare la propria coscienza.
Peter guardò. "Toh, è uno nuovo?"
"Sì"
"Bambino o bambina?"
"Bambina".
Era chiaro, no? Ma Peter non aveva ancora capito.
"Peter" disse Wendy "ti aspetti forse che voli via con te?"
"Certo, sono venuto per questo". E aggiunse severamente: "Hai dimenticato che è il momento delle pulizie di primavera?"
Wendy sapeva che era inutile ricordargli che aveva lasciato passare molte e molte primavere.
"Non posso venire" disse, in tono di scusa. "Non so più volare".
"T'insegnerò di nuovo".
"Oh, Peter, non sprecare per me la polvere delle fate". Si alzò, ed ecco che finalmente Peter provò un senso di paura.
"Che ti è successo?" gridò indietreggiando.
"Accenderò la luce" disse Wendy, "e vedrai".
Forse per la prima volta in vita sia Peter ebbe paura. "No, non accendere la luce!" gridò.
Le mani di Wendy indugiarono fra i capelli del ragazzo. Non era più una bambina che si disperava per lui, era una donna che gli sorrideva, ma con un sorriso bagnato di lacrime.
Poi Wendy accese la luce, e Peter la vide. Gettò un grido di dolore, e quando la bella creatura si chinò per prenderlo tra le braccia, si tirò indietro bruscamente.
"Che ti è successo?" ripeté.
Bisognava dirglielo.
"Sono grande, Peter. Ho molto più di vent'anni. E' tanto tempo che sono cresciuta".
"Mi avevi promesso di non crescere!"
"Non ho potuto farne a meno. E mi sono sposata, Peter".
"Non è vero".
"Sì, è vero. E la bambina che dorme nel letto è mia figlia".
"Non è vero".
Ma poi si convinse, e fece un passo verso la bambina col pugnale alzato. Naturalmente non la colpì. Invece si lasciò cadere sul pavimento e pianse; e Wendy non sapeva come consolarlo, mentre una volta le sarebbe stato così facile. Ma ormai era solo una donna, e corse fuori dalla camera come in cerca di un'ispirazione.
Peter continuava a piangere, e i suoi singhiozzi svegliarono Jane. La bimba si alzò a sedere sul letto, subito interessata.
"Bambino" disse, "perché piangi?"
Peter si alzò e le fece un inchino, e Jane gli rispose dal letto con un altro inchino.
"Ciao" disse Peter.
"Ciao" disse Jane.
"Mi chiamo Peter Pan".
"Sì, lo so" disse Jane.
"Ero tornato a prendere la mamma" spiegò Peter, "per portarla al Paese-che-non-c'è".
"Sì, lo so" disse Jane. "Ti aspettavo".
Quando Wendy tornò sfiduciata in camera, trovò Peter seduto ai piedi del letto che faceva fieramente chicchirichì, mentre Jane, in camicia da notte, volava per la stanza con aria estatica e solenne.
"È mia madre" spiegò Peter, e Jane calò giù e si mise vicino a lui; la bimba aveva sul viso quell'espressione che piaceva tanto a Peter quando le donne lo guardavano.
"Ha tanto bisogno di una mamma" disse Jane.
"Sì, lo so" ammise Wendy, sconsolata. "Nessuno lo sa meglio di me".
"Addio" disse Peter a Wendy, e si librò in aria, seguito da quella sfrontata di Jane che volava già con straordinaria naturalezza. Wendy si precipitò verso la finestra.
"No, no!" gridò.
"Solo per le pulizie di primavera" disse Jane, "lui vuole che faccia le pulizie tutti gli anni".
"Se almeno potessi venire con voi" sospirò Wendy.
"Ma tu non puoi volare" disse Jane.
(da Peter Pan e Wendy, di James Matthew Barry)
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