martedì 14 luglio 2015

Time

(Nick Cave)

Ai (bei) tempi dell’Università, a Parma, mi capitava spesso di pranzare fuori con mio fratello. Lui ordinava sempre lo stesso piatto: era certo della riuscita, e ne era sempre soddisfatto. Io ero consapevole del fatto che sarebbe stata la scelta migliore, ma andava sempre a finire che la curiosità mi trascinava ad ordinare qualche cosa di diverso. Un piatto che non avevo ancora assaggiato, un nome che mi attirava, una curiosità da soddisfare. Quasi sempre lui mangiava meglio di me, eppure non potevo fare a meno di continuare a cambiare.
Quello che allora non sapevo è che quella sarebbe stata la metafora delle nostre vite.
Persino la strada fra casa ed il lavoro non riesco a tenerla costante: l’idea di ripetere all’infinito il già vissuto mi soffoca, e così va a finire che certi giorni faccio il doppio dei chilometri solo per cambiare, per prendere un diverso tragitto, per essere in un posto diverso.
A questa cosa pensavo oggi, quando sul social network ho trovato la pagina di un vecchio e caro amico, uno con cui ho vissuto e con cui sono stato, come si dice, culo e camicia, ma che di questi giorni non vedo più. Sai com’è, quando ti rivedi: uno sfacelo. Invece no: lui è bello, con un’aria addirittura intellettuale, sorridente in tutte le foto, circondato dalla famiglia. La moglie è la stessa che ai tempi era la sua fidanzata; ingrigita ma pure bella e sorridente. Ed i post, neanche uno dei deliri tipici di facebook, ma un piccolo mondo antico fatto di provincia nel senso più romantico e nostalgico del termine; vita sociale, partecipazione, amore per il proprio territorio. Una delle vite che avrei voluto vivere.
E intanto pensavo, ho avuto tanto amore, e tanti amori lasciati indietro, tante curve, tanti cambiamenti, la voglia di assaggiare tutto e forse un poco di rimpianto di aver sempre mollato tutto. Ho scelto una strada che forse non era la mia, per mancanza di coraggio ma anche perché all’epoca sembrava (ed era) decisamente più bella di quello che è diventata di questi giorni deludenti. Ho sognato tanti sogni, che si sono realizzati solo a spizzichi e bocconi, ho percorso tante strade, che pure ancora mi sembrano decisamente troppo poche rispetto alle infinite strade del mondo. Non ho vissuto nel paese alla Piero Chiara che le mie radici avrebbero voluto, ma neanche ho fatto il giro del mondo. Ho vissuto come ho potuto e non ho mai smesso di desiderare l’orizzonte. Forse ho preso più amore di quello che ho dato, e di questo immagino dovrò rispondere alla fine al mastro di chiavi.
L’unico rimpianto vero è di non aver abbastanza vita. Tante cose da fare ed una vita così breve. Come diceva Lorusso, ogni volta che vedo un tramonto mi girano le balle. Perché è passato un altro giorno.