sabato 21 febbraio 2009

Mardi Gras


Il martedì grasso è l'ultimo giorno della settimana di carnevale e, per i cattolici, il giorno degli ultimi bagordi e pasti “grassi” prima della quaresima pasquale. Seguiranno il mercoledì delle ceneri e i quaranta(quattro) giorni di digiuno e penitenze della quaresima (che a occhio ricorda un po' il ramadan) fino alla Pasqua, festa delle resurrezione.
Nonostante la Pasqua cristiana celebri una ricorrenza, non cade sempre nello stesso giorno, ma nella domenica successiva alla prima luna piena che segue l'equinozio di primavera.
A parte il fatto che la Pasqua cristiana trae origine dalla precedente Pasqua ebraica (che celebra l'esodo del popolo di Israele dall'Egitto), lo stretto legame con i cicli della luna e del sole la mettono in evidente relazione con una celebrazione pagana.
L'equinozio di primavera (21 marzo) è infatti il giorno in cui la durata del giorno è finalmente uguale a quella della notte: da quel momento si esce dalla stagione buia e fredda, l'inverno per entrare nella assolata e calda primavera.
L'abitudine di assorbire le festività delle culture e delle religioni precedenti prende il nome di sincretismo ed è stato utilizzato largamente dalla giovane chiesa di Roma -- ma anche dai romani pre-cristiani, se gli dei della Roma antica sono gli stessi dei dell'Olimpo. Molti dei primi santi hanno nomi di derivazione pagana, come Santa Brigida d'Irlanda, che prende il posto della celtica Brigida, o il culto di Notre Dame in Gallia che prende il posto della dea della fertilità. Una posizione che oltre di sincretismo fu spesso anche una necessità dei popoli a cui dopo il decreto di Teodosio del 392 fu proibito il culto di religioni diverse da quella cristiana (nemmeno ottant'anni dopo che i cristiani avevano ottenuto per sè la libertà di culto).
Martedì grasso è l'ultimo giorno del riso e dello scherzo, l’ultimo giorno in cui è consentito venir meno alle gerarchie per mascherarsi da qualcuno che non siamo.
Pasqua è una festa pagana molto cristiana. Carnevale una festa cristiana molto pagana.

Carnevale quest'anno è arrivato troppo presto. Il tempo è freddo, il sole è basso, e non è ancora il momento di chiamarci fuori dall'inverno. I bimbi sono in costume ugualmente, ma a noi grandi, seri e seriosi, la stupidità del carnevale non diverte più. Quando al mercoledì (delle ceneri) prendeva inizia la quaresima, questo martedì era il martedì grasso perché bisognava dare fondo alla dispensa, e alla follia. Non sentiamo più il carnevale perché ormai ogni giorno licet insanire, ed io potrò liberamente scrivere le mie stupidate sul blog anche nei prossimi quaranta giorni.

mercoledì 18 febbraio 2009

ricordi di seconda mano


Ho letto in un’intervista questa frase: “di mio padre ho solo ricordi vaghi, perché è morto quando io avevo solo sei anni”.  
Sono parole che mi hanno turbato, non perché non mi senta bene o abbia qualche motivo speciale di dubitare della mia sopravvivenza, ma perché mi hanno fatto riflettere su quanto poco riescano ad andare indietro i miei ricordi. Il primo ricordo strutturato che ho è di quando avevo sei anni. Stavo giocando “al giornalaio” con una pila di riviste lasciati in fondo alle scale della amata casa di Santimento, quando improvvisamente arriva mio padre per annunciare che è nata Alessandra, la sorellina. E io che sento le lacrime colarmi lungo il viso per l’emozione, senza che possa trattenerle, anche se non afferro fino in fondo la dimensione della notizia. E per l’emozione, immagino, riesco a scolpire il momento nella mia memoria a lungo termine.
Ricordi precedenti forse ce ne sono, ma sono più sensazioni, odori, colori confusi che ricordi veri e propri. Mia madre che mi infila le calze, la sabbia calda di Forte dei Marmi, il verde di un prato ad Oulx, il profumo di una stalla di montagna lungo un sentiero di ciottoli, il sedile posteriore di una Fiat 500 su cui salto con mio fratello (cintura di sicurezza neanche a parlarne), una bicicletta rossa appena regalata, io che con quella bicicletta mi infilo in un fitto di alberi perché non so fermarmi. Io sulla aia assolata che imparo a pedalare senza rotelle, mio fratello che piange perché la giostra della fiera del paese ha chiuso all’ora di pranzo... 
Ora mia figlia ha sei anni. A rigore non ricorderà nulla di quello che le è successo fino ad oggi. Delle centinaia di cose che abbiamo fatto assieme: le nostre vacanze al mare ed in montagna, le passeggiate a cavallo o nello zaino, le nuotate assieme nel mare di Sardegna, le gite, la nostra auto (Isotta) e la moto (Pimpa). I film che abbiamo visto al cinema, i ristoranti, gli zoo…
Alcuni dei momenti più belli della nostra vita, che al momento si ricorda senza difficoltà, ma che ad un certo punto andranno inevitabilmente perduti. E con essi i ricordi di questo padre così presente e di questa famiglia così unita. 
La guardo e mi domando: "quando dimenticherà?" come se potesse accadere all’improvviso, quasi per rito iniziatico del crescere.
Certo, so bene che tutto quanto ha vissuto, anche se dimenticato, influenzerà per sempre la persona che diventerà, spero in meglio. Ma proprio mi dispiace che dimentichi i singoli fatti.

Per fortuna, dove non arriva la natura arriva la tecnologia. Se la nostra mente, per qualche bizzarro motivo, non ha abbastanza spazio per archiviare tutti i bei ricordi, qualcuno ha rimediato inventando uno straordinario apparecchio che registra i momenti e li rievoca a piacere. Di quale diavoleria sto parlando? Di quelle semplici telecamere digitali che vendono al centro commerciale per meno di 399 euro.
Così di sera, quando gli altri sono già a letto, scarico le immagini dalla telecamera e le metto in fila sul mio Mac, ordinandole con programmi come iMovie per realizzare film tecnicamente un po’ sotto Stanley Kubrick ma un po’ meglio di Martin Scorsese. Film che Carolina ama guardare ora ma che, credo, adorerà domani. 
Chi di noi non vorrebbe rivedere la propria vita di bambino al posto del film di Rai Uno?

sabato 14 febbraio 2009

innamorati


Questa cosa dell’innamoramento è potentissima, ma non è una nostra esclusiva: anche gli animali si innamorano, e per amore fanno pazzie persino superiori alle nostre, del tipo di prendersi a cornate con la rincorsa. Ricordo un bastardino di nessuna speranza che passava giornate intere a digiuno a struggersi d’amore di fronte al portone della casa dove abitava la barboncina di cui s’era incautamente invaghito.
Forse la differenza è che agli animali l’innamoramento dura un po’ meno che a noi. La maggior parte di essi infatti si innamora solo durante l’estro, cioè il periodo in cui la femmina è in calore. L’animale si innamora solo per riprodursi; dopo essersi accoppiato cambia idea sul fascino della compagna e si allontana senza rimorsi. E se anche la femmina non dovesse concedergli le sue grazie, alla fine dell’estro decide comunque che non vale la pena di languire dietro ad una femmina capricciosa, e al motto di "chi non ci ama non ci merita", dimentica le pene d’amore e si da ad attività più virili, come la caccia.

Anche per noi umani questo fenomeno dell’innamoramento è un imbroglio, una illusione ottica per farci accoppiare. Però il progetto è quello di rimanere assieme anche dopo aver generato una progenie, ed è per questo che ci innamoriamo e ci accoppiamo indipendentemente dal calendario, in ogni giorno dell’anno.

Cosa ci spinga ad innamorarci di una persona anziché un’altra rimane un mistero irrisolto. Sono d’accordo che è probabilmente più facile perdere la testa per Nicole Kidman che per la Litizzetto, o George Clooney invece di Paolo Villaggio, ma non è questo il punto. Esiste un’attrazione elettrica o chimica che ci scatta per una certa persona, e che resta assolutamente invisibile agli altri. I più romantici sostengono che ci sia una predisposizione dettata dal destino, un’anima gemella che in qualche luogo attende proprio noi. Ma proprio in questa attrazione elettrochimica si cela una delle più grosse fregature dell’innamoramento. Perché questo meccanismo non è stato progettato bene: il fatto che scatti il meccanismo a uno, non corrisponde necessariamente allo scatto dell’altro. Voglio dire: se un’attrazione fra anime affini esiste, sarebbe corretto che fosse reciproca. Invece mentre uno comincia a sentir suonare le campane, l’altra può rimanere del tutto indifferente, se non addirittura infastidita dal corteggiamento.
Questo mal funzionamento del meccanismo dell’innamoramento è la causa dei più grossi struggimenti (potrei dire dolori) dell’adolescenza. Chi non ha pianto perché lei (o lui) rimaneva indifferente al proprio amore? Pare impossibile che mentre una persona è agitata dal rimescolamento violento degli ormoni, l’altra di questo frastuono non avverta nemmeno il fruscio. Anzi, per qualche crudele motivo, da adolescenti immaturi eravamo soliti morire per chi non ci voleva (quasi sempre una stronza) e trattavamo con freddezza o cattiveria chi invece ci apprezzava. È il cinismo de: “in amore vince chi fugge”.

Non c’è regalo che tenga: che c’è di peggio di presentare con tutto il proprio amore un regalo, per quanto prezioso, a chi volta lo sguardo dall’altra parte? Non potrò dimenticare il giovane e totalmente inesperto me stesso adolescente che torna da una gita scolastica a Firenze con una cintura di Gucci in tasca, e che viene lasciato (veramente allora si diceva piantato) dalla sua fidanzatina proprio all’appuntamento in cui avrebbe dovuto consegnargliela. Mi credete se vi dico che nel juke box suonava “Quando finisce un amore”, la canzone che porta sfiga più di ogni altra nella storia della musica leggera?
Le donne hanno sempre un gusto crudele nella scelta dei momenti cruciali.

Non è che fosse più facile lasciare la ragazza venuta a noia. La frase chiave era: “ti devo parlare”. Ecco, fra persone intelligenti sarebbe bastata quella password per capirsi e passar oltre. Invece no, fra innamorati bisognava spiegarsi, farsi del male, ricorrere al repertorio del “sono in crisi”, “ho bisogno di tempo per pensare”, “ti meriti di più” o “vorrei solo sapere il perché”. Persone della cui intelligenza non dubito, che le stesse frasi avevano già usato in proprio per scaricare fidanzati usati, da innamorate confidavano seriamente all’amica “sai, ha bisogno di tempo per pensare...”. O, ancora più deprimente, “ci siamo presi un po’ di tempo per pensare”.

“Laura?”
“Ci siamo lasciati”
“Tu o lei?”
“Io. È scappata con un pianista e io l’ho lasciata”

Con gli anni qualcuno di noi ha imparato a controllarsi, qualcuno a corteggiare, qualcuno è diventato un professionista dell’innamoramento, qualcun altro del tradimento. Ma gli ostacoli non sono finiti. L'esperienza più dura è quando il meccanismo dell'innamoramento sembra scattare da entrambe le parti, la storia prende piede, le difese vengono abbassate e ci si lascia andare anima e corpo alla love story. Che è sempre un po’ sbilanciata da una parte, anche se è quella di Romeo e Giulietta. Si fanno progetti, si conta sul proprio amore. Fino a che uno dei due si accorge di essersi sbagliato. Sì, quella è la parte più dura: “quando finisce un amore”.

Anche qui c’è il repertorio:
“Non voglio nessuna se non posso avere lei”
“il mare è pieno di pesci”
“no, non capisci, per me c’è solo lei”
E in casa a soffrire.

Ricordo di una storia d’amore particolarmente passionale. Poi la storia finisce e io sono solo a casa a piangermi addosso. Passano i soliti amici e mi portano in discoteca, che è un posto già abbastanza odioso di per sè, ma diventa insopportabile quando sei triste. Sono lì come un idiota in silenzio con un gin tonic in mano (nessuno beve più gin tonic dagli anni settanta) a guardare nel vuoto, quando fa il suo ingresso una ragazza molto attraente, con un seguito di pretendenti. Mi riprendo, perché questa ragazza mi aveva corteggiato qualche mese prima, ma io niente perché ero già innamorato e soddisfatto (sono un tipo di indole fedele). Bene, mi avvicino, sfodero la cosa più vicina al sorriso che riesco ad esibire e pronuncio un “ciao” che vorrebbe essere affascinante (che nel frastuono della discoteca devi gridare, ed è molto difficile fare la voce gigiona che affascina urlando).
Lei mi guarda sorpresa, mi squadra da capo a piedi e butta li un: “come sei ridotto male”
Ecco, le donne sono così: annusano il successo e annusano la sfiga. E quella proprio non la vogliono. Inutile dire che sono uscito dalla discoteca in quello stesso istante per mai più tornarci.

Comunque essere innamorati è bellissimo. Ti fa sentire inserito nell’universo, in pace con la vita, ti fa sentire realizzato, ti fa godere di particolari che di solito neanche vedi, un lampione acceso, una panchina sotto la neve, un angolo romantico, una spiaggia che porterai nei tuoi ricordi per sempre. E i week-end giapponesi, quelli che passi senza alzarti dal letto neppure per mangiare, ti fai due spaghetti senza metterti le mutande e poi ancora a baciarti senza stancarti. Non ne abbiamo molte di vere-storie-d’Amore in una vita, e la cosa bella è che non le dimentichiamo più. Rimangono nostre comunque, perché le abbiamo vissute.

Però non confondiamo l'innamoramento con l'amore.

P.S.: poi ci sarebbe anche da sviscerare il capitolo del tradimento e dei traditori, che di fuori assomigliano agli esseri umani ma dentro ne sono completamente differenti. Ma toccherà ad un prossimo post...

venerdì 6 febbraio 2009

una storia d'amore


Una storia d'amore, che non è fuori posto raccontare qualche giorno prima del giorno di San Valentino.
Sono a pranzo in un delizioso ristorantino dai sapori mediterranei, ed al tavolo una coppia si scambia discrete ma tenere effusioni. Roba da amanti, si direbbe. Ed invece no: mi raccontano di essere sposati da più di dieci anni. Fidanzatini da teen-ager al mare, su una bella spiaggia partenopea, all'inevitabile ritorno a casa di lei si trovano separati da quasi l'intera lunghezza della nostra penisola. 
La vita procede per entrambi, diventano adulti, si sposano, si fanno una famiglia. Lui sotto il sole del sud, lei immersa nella nebbia del nord. La vita procede ulteriormente, ed entrambi come spesso succede si ritrovano di nuovo scapoli "di ritorno". Qui interviene il colpo di teatro: lui non si è dimenticato di quella ragazzina sulla spiaggia estiva, la cerca sull'elenco del telefono e la chiama. All'appuntamento si presenta con un mazzo di rose, che le consegna non prima di averla osservata per un po' senza farsi notare, perché si sa, gli anni che passano potrebbe riservare brutte sorprese. Invece si scoprono ancora belli come una volta, si piacciono, al punto che lui decide di lasciare il sole e il caldo per trasferirsi al nord ed aprire il ristorantino di cui sopra. Da allora sono passati più di dieci anni ed ancora si piacciono come il giorno che si sono reincontrati.
Questa storia mi ha portato alla mente una telefonata che ho ricevuto qualche anno fa. Il telefono squilla e dall'altro capo con mia totale sorpresa mi saluta una voce dal passato, quella di una bella ragazza siciliana con gli occhi blu con cui avevo avuto, come si dice, un flirt ai tempi dell'Università.
"Ciao" mi dice "sei tu? come stai? sei sposato?"
"Sì" rispondo.
E riattacca.

mercoledì 4 febbraio 2009

il coraggio


Da bambini il Coraggio era una cosa semplice: si trattava di far partire la bicicletta senza rotelle, di lasciarsi fare un'iniezione di penicillina senza strillare, di raggiungere il fondo di un corridoio buio, di tuffarsi da un trampolino.
Da giovane c'è stato un breve momento in cui mi pareva di essere il potenziale padrone del mondo. Credevo di essere capace di affrontare a viso aperto qualsiasi situazione. Evidentemente ancora mi mancava l'esperienza della sconfitta.
Ora è tutta un'altra storia: il Coraggio è diventato prendere una decisione che non sai dove può portarti. 
Immagino che si tratti di pensarci un poco ma non troppo e poi partire, semplicemente mettendo avanti un piede dopo l'altro, un passo dopo l'altro e stare a vedere dove arrivi, senza pretendere di disegnare ogni dettaglio dell'intera mappa prima di lanciarti. 
Ricordo quello che mi diceva Lucio (un saggio alpinista) quando procedevo sfinito sul ghiacciaio: che ancora un altro passo si riesce sempre a farlo. 
Dopo tutto, la felicità non è nel cammino? 

lunedì 2 febbraio 2009

neve


Vorrei vivere nel paese dei Puffi. Vorrei vivere in un mondo perfetto dove non solo la gente fosse di buona volontà, ma anche gli eventi fossero coerenti. Per esempio, il tempo atmosferico: a me piace che d’inverno ci sia la neve, sui tetti della case come sui campi e persino sulle strade quando le auto perdono la spavalderia e la fretta di tutti i giorni per procedere caute quasi assaggiando la strada. Mi piace che in primavera il sole ed i prati in fiore invoglino alle scampagnate, nonostante il polline nell'aria; in estate mi piacciono quei temporali brevi e intensi che profumano l'aria di ozono e spezzano l'afa per una sera; e d’autunno, naturalmente, voglio foglie dorate a tappezzare le valli. 
Insomma, amo che il tempo sia come ci si aspetta. Quest’anno è andata proprio così: non so di quella cosa del riscaldamento globale, ma quest'anno è stato inverno vero e credo che accoglieremo la primavera facendole festa.

Ricordo l’inverno del 1986, quando la nevicata a Milano ha tenuto l’auto sepolta per due settimane ad un giovane e spensierato Blue Bottazzi ufficiale medico di complemento. La primavera del 2003, quando abbiamo avuto neve sui monti della provincia fino a maggio e a passeggiare ancora sprofondavi. Anche non più di un paio di anni fa a novembre la città era completamente imbiancata e Don Luigi spalava la neve dal sagrato per non far scivolare i fedeli. E io, Carolina e Lalla, equipaggiati di tutto punto invece di andare in montagna siamo arrivati solo ai giardinetti pubblici ad affondare nella neve fino alle ginocchia, e nei supermercati non si trovava più neppure una slitta.